Contesto: governi secolari ma anche religiosi hanno condannato a morte milioni di persone colpevoli di rimanere fedeli alle loro più sacre credenze.

Nel primo secolo giudei, samaritani e cristiani dovettero sopportare lo scontro risolutivo tra lealtà, accusa di tradimento allo Stato romano oppure al loro Dio. Per tre secoli i cristiani hanno creduto che «la religione fosse una questione di libero arbitrio, non compulsiva». Poi hanno iniziato a perseguitarsi a vicenda. Nel 1528 Balthasar Hubmai, tortutato sia dai protestanti sia dai cattolici, fu condannato a morte insieme a sua moglie Elizabeth per aver dato vita a governi che non facevano rispettare le credenze religiose. I principi da loro evidenziati misero radici oltre due secoli più tardi.

Valuteremo in seguito se le decisioni della Corte Suprema degli Stati Uniti abbiano inavvertitamente posto le basi per un altro «scontro risolutivo tra lealtà».

L’importanza dei casi trattati dalla Corte Suprema è evidenziata dal giudice Robert Jackson: «La Corte Suprema non è definitiva perché non infallibile; è infallibile perché definitiva». Nel 1940 la Corte sentenziò su casi legati al saluto alla bandiera. Walter Gobitis e i suoi familiari, tutti testimoni di Geova, consideravano il saluto alla bandiera un simbolo di slealtà religiosa. Nell’ambito di questo «scontro sulle lealtà»  i figli del Gobitis furono espulsi dalla scuola pubblica. La Corte stabilì che l’espulsione era giustificata perché «la bandiera è il simbolo della potenza della nazione, l’emblema della libertà nel senso più vero e migliore» (1).

Seguì una persecuzione diffusa nei confronti dei testimoni di Geova. «Nello  Stato del Wyoming alcuni fedeli di quella religione vennero cosparsi di pece e piume, in Arkansas addirittura uccisi, mentre nel Nebraska ci furono casi di castrazione» (2). La comunità intellettuale della nazione reagì con articoli che condannavano la decisione della Corte Suprema, la quale nel 1943 acconsentì alla revisione del caso e invertì la sentenza. La Corte affermò che mentre «cause e nazioni, partiti politici, logge e gruppi ecclesiastici cercano di saldare la lealtà dei loro seguaci a una bandiera, un colore o un simbolo» (3), «una persona trae da un simbolo il significato che gli attribuisce, e ciò che per un uomo significa consolazione e ispirazione, per un altro può voler dire dileggio e disprezzo». La Corte rifiutò poi di esigere unione di pensiero e di azione persino nel saluto alla bandiera: «La futilità ultima di simili tentativi volti a ottenere una coerenza (di credenza) imposta è l’insegnamento che emerge da ogni azione del genere, a partire dai romani che attribuiscono al cristianesimo l’etichetta di disturbatore dell’unità pagana, fino all’inquisizione, strumento per ottenere l’unità religiosa e dinastica» (4).  La Corte Suprema dimostrò coraggio e saggezza per evitare lo «scontro di lealtà». Eppure, discutibilmente, non parve applicare gli stessi principi diciotto anni più tardi nei casi legati alla legge sulla domenica.

Uno dei crimini considerati alto tradimento era la contraffazione del grande stemma. Modificarlo significava essere sleali nei confronti dell’autorità rappresentata da quello stemma. Nella storia giudeo-cristiana il sabato divenne simbolo dell’autorità divina e della sua potenza creatrice. Genesi 2:3 indica che il settimo giorno fu «benedetto» e «santificato». Il comandamento sul sabato (Es 20:8-11) contiene tutti gli elementi comuni di uno stemma: il nome della Maestà – «il Signore Dio tuo»; il suo ruolo – «Creatore» («il Signore fece i cieli e la terra») e il territorio sul quale regna – «il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi».

Nel Nuovo Testamento tanto i cristiani quanto gli ebrei riconobbero  che il sabato era un simbolo speciale. In quel giorno si riunivano tutti insieme nelle sinagoghe ebraiche (5). I primi membri cristiani erano giudei cristiani. Atti 18:1-4 racconta che nel  momento  in  cui  Paolo  giunse  a  Corinto  incontrò  «un  ebreo  di  nome  Aquila», giunto in quella città in seguito al decreto dell’imperatore Claudio, secondo cui tutti gli ebrei dovevano lasciare Roma. Paolo rimase con Aquila perché faceva il suo «medesimo mestiere» e «ogni sabato insegnava nella sinagoga e persuadeva Giudei  e Greci». Nel 130 d.C. ci fu una rivolta ebraica contro Roma. Nel 135 l’imperatore Adriano «espulse i giudei e i giudei cristiani (da Gerusalemme) e proibì categoricamente la pratica della religione ebraica, con particolare riferimento all’osservanza del sabato e alla circoncisione» (6).

L’antigiudaismo contribuì alla sostituzione del sabato come giorno di adorazione. Giustino martire, scrivendo da Roma, fu uno dei primi a perorare il cambiamento dal sabato alla domenica. «Egli svuota il sabato di ogni sua rilevanza teologica, riducendolo a decreto temporaneo derivato da Mosè, che Dio impose esclusivamente agli ebrei. Dall’altro lato fa riferimento alla domenica quale “giorno in cui tutti aderiamo alla comune assemblea, perché è il primo giorno in cui Dio, avendo operato un cambiamento nelle tenebre e nella materia, fece il mondo; e Gesù Cristo nostro Salvatore lo stesso giorno è risorto dalla morte”» (7). Si dimenticò tuttavia di sottolineare che quello era anche il giorno in cui i romani rendevano onore al sole.

La chiesa cattolica spiega che i protestanti «hanno aderito a quest’abitudine anche se essa si basa sull’autorità della chiesa cattolica romana e non su un testo biblico esplicito» (8).

Costantino promulgò la prima legge sulla domenica nel 321 d.C. Essa proibiva l’esecuzione di determinati lavori «nel venerabile giorno del sole».

In seguito, il concilio di Laodicea (354 d.C.), al canone 29, dichiarava: «I cristiani  non devono giudaizzare riposandosi di sabato, ma lavorare, e non onorare il giorno del Signore; e, se possono, riposarsi poi come tutti i cristiani. Ma se qualcuno sarà trovato a giudaizzare, riceva egli un anatema da Cristo». Da allora milioni di persone che osservano il sabato sono state perseguitate per essersi rifiutate di onorare la domenica.

La questione domenica-sabato e la Corte Suprema

La storia della nazione americana, lunga due secoli e mezzo, ha generato molti scontri sul tema domenica-sabato. William Lloyd Garrison, irruento caporedattore di Liberator, elaborò la risoluzione di chi si opponeva alle leggi sulla domenica:

«Si dichiara che l’applicazione penale della legislatura statale, secondo la quale si obbliga l’osservanza del primo giorno della settimana è dispotica, anticostituzionale e meritevole di immediata abrogazione; e che l’interferenza dello Stato in tema di cerimonie e fedi religiose è un’usurpazione ingiustificabile» (9).

Dall’altro  lato,  la  National  Reform  Association  dichiarava  nel  suo  atto  costitutivo:

«L’oggetto di questa Società sarà conservare gli elementi cristiani esistenti nel governo americano; promuovere le indispensabili riforme nell’azione governativa che riguarda il sabato… e la sua accettazione delle leggi morali della  religione cristiana, indicando così che questa è una nazione cristiana» (10).

La Corte Suprema nel 1961 si pronunciò in merito alla causa McGowan contro il Maryland (366 U.S. 420 [1961]). Buona parte della sentenza riprese il caso del 1896 Hennington contro Georgia, pronunciato nello stesso anno in cui la Corte aveva approvato la segregazione razziale nel caso Plessy contro Ferguson. Nel caso McGowan i ricorrenti erano stati incriminati per aver venduto la domenica tre classificatori ad anelli, una latta di cera da pavimento, una spillatrice e relative graffette e un sottomarino giocattolo. La Corte dovette pronunciarsi nel merito della presunta violazione di una norma religiosa. Contrariamente al caso del saluto alla bandiera, dove si era espressa contro l’uniformità e i simboli di coesione, nella vicenda McGowan stabilì: «La domenica è un giorno diverso dagli altri. La causa è irrilevante; il fatto esiste. Parrebbe irrealistico per il consolidamento degli obiettivi e forse dannoso per il benessere generale richiedere a uno Stato di scegliere un giorno di riposo diverso rispetto a quello scelto di propria spontanea volontà dalla maggior parte degli abitanti. Per queste ragioni, si stabilisce che gli statuti del Maryland sono leggi che non rispettano l’istituzione della religione».

Contemporaneamente la Corte si pronunciò sul caso Braunfeld contro Brown (366 U.S. 599 [1961]), decretando che gli appellanti, giudei ortodossi, non avevano alcun diritto a un’esenzione, anche se l’osservanza del sabato in aggiunta a quella della domenica avrebbe significato un danno per i loro affari commerciali. «Molti pensarono che la Corte si fosse allontanata dai propri pronunciamenti e avesse mostrato insensibilità nei riguardi della religione ebraica» (11). Il presidente della  Corte Suprema Earl Warren giustificò così la sentenza: «Alla luce delle nostre leggi sulle  chiusure domenicali, susseguitesi nei secoli… la maggior parte di esse sono di carattere secolare e non religioso e attualmente non hanno alcun legame con l’istituto religioso». Il giudice William Brenna replicò manifestando il proprio dissenso: «Ogni interesso sostanziale dello Stato giustificherà un’invasione nella pratica religiosa, almeno nella misura in cui tali sconfinamenti sono rivestiti di qualche proposito pubblico e non religioso» (12).

La Corte non avrebbe dovuto cercare troppo lontano per cogliere una motivazione religiosa. Il 25 gennaio del 1959, prima che le leggi sulla domenica fossero discusse, papa Giovanni XXIII indisse il grande concilio ecumenico Vaticano II.

Poi, il 15 maggio del 1961, due settimane prima della sentenza sui casi McGowan       e Braunfeld, il papa scrisse l’enciclica. Mater Et Magistra, un’intera sezione della quale si intitolava «santificare la domenica». Inizia così: «La chiesa ha sempre richie- sto una diligente osservanza del terzo comandamento: “ricordati di santificare il sabato”. E terminava invece come segue: «Invitiamo tutti, le autorità pubbliche, impiegati e operai, a osservare i precetti di Dio e della sua chiesa e a ricordare la loro pesante responsabilità davanti a Dio e alla società».

In vista del Vaticano II due eminenti teologi come Robert McAfee Brown, protestante, e Gustav Weigel, cattolico, furono incaricati di scrivere un libro a quattro mani. Gustav Weigel, a proposito delle leggi sulla domenica, affermò: «Stanno verificandosi sviluppi interessanti…  in passato loro [i cattolici] si  dimostrarono  freddi  davanti  ai tentativi dei protestanti di santificare il giorno in una prospettiva protestante, ma oggi sostengono calorosamente le loro campagne o cercano di assicurarsi il loro sostegno per le proprie» (13). Il concetto del «giorno di riposo comune», evocato nel caso McGowan, imponeva l’unità. Ricordiamoci come la sentenza Gobitis avesse dimostrato che la coerenza o l’unità imposte avvessero poi determinato la persecuzione religiosa dei secoli bui. Il giudice William Douglas, dissentendo a tal proposito, disse: «Mi sembra chiaro che mediante queste leggi gli Stati impongano all’individuo, minacciando sanzioni, di astenersi dal lavoro o dalle attività ricreative di domenica, a motivo della sensibilità religiosa maggioritaria relativamente a quel giorno. Lo Stato trasforma per legge la domenica in un simbolo di rispetto o adesione… In nome di quale autorità il governo può imporlo?» (14).

Il National Catholic Register commentò così le decisioni che imposero le leggi sulla domenica: «Il cardinale di Boston Richard Cushing e l’arcivescovo di New Orleans Joseph F. Rummel, tra gli altri, si sono espressi in termini forti a favore del sabato. I loro portavoce hanno ricevuto grande solidarietà riguardo a una recente decisione della Corte Suprema… Malgrado il fatto che la Corte abbia dovuto prendere posi- zione contro chi osserva come giorno di riposo il sabato al posto della domenica,  non ha esitato a farlo, per gravi motivazioni sociali… è idea comune che la questione relativa al limite fino al quale gli Stati possano spingersi nell’imposizione di sanzioni contro i sabbatisti potrà in futuro essere materia di test costituzionali» (15).

Impatto sui diritti delle minoranze

Il concetto di uniformità non ha aiutato i sabbatisti che sono stati licenziati o non assunti per le loro credenze religiose. L’atto sui diritti civili del 1964, al titolo VII, ha dato un proprio contributo, richiedendo accordi ragionevoli per le pratiche religiose a meno che non avessero esposto il lavoratore ad avversità ingiustificate. Tuttavia alcuni casi trattati dalla Corte Suprema hanno dimostrato quanto fosse facile dimostrare l’esistenza di «avversità ingiustificate». Pensiamo al caso TWA contro Hardison (432 U.S. 63 [1977]). L’autore ha testimoniato i traumi patiti da quanti perdevano il lavoro per le loro convinzioni religiose. Una causa si è conclusa non solo dando ragione alla persona licenziata, ma nella sentenza si leggeva: «RSS [La scuola dello Stato del Richmond] è stata, a giudizio della Corte, estremamente fortunata ad assumere Padon, un lavoratore scrupoloso, coscienzioso, solerte, totalmente disposto a qualsiasi intesa ragionevole per le esigenze del suo impiego… Padon è assolutamente disponibile a lavorare di sabato se necessario a salvare delle vite, la salute o il diritto alla proprietà; tuttavia, si è fermamente rifiutato di fare lavori routinari, che potrebbero tranquillamente essere delegati ad altri, oppure posticipati dal tramonto del venerdì a quello del sabato» (16).

Altri casi non hanno avuto esiti così positivi. Una sentenza avversa ha colpito un uomo che da ventinove anni lavorava per un’azienda ferroviaria: «Sebbene i fatti dimostrino che il Katy (ferrovie del Missouri-Kansas-Texas) non si sia fatto in quattro per cercare un’intesa con Turpen, non possiamo affermare che la Corte distrettuale abbia sbagliato stabilendo che l’azienda ferroviaria aveva soddisfatto un suo diritto legale» (17).  La Corte Suprema ha mostrato di essere sensibile in casi come quello denominato Sherbert contro Verner (374 U.S. 398 [1963]), stabilendo il diritto a un sussidio di disoccupazione, ma le autorità legali sottolineano il suo ruolo di controllore: «La Corte Suprema in passato è stata incoerente, a dir poco, nella protezione della libera pratica religiosa, con riferimento in particolare ai sabbatisti… Ci sono tutti i motivi per ritenere che, sebbene ogni religione abbia medesimi diritti, alcune ne abbiano più di altre» (18).

Il caso McGowan ha contribuito ad appannare ciò che delinea il confine tra secolare e religioso. è stato inoltre un precedente per fare rispettare l’uniformità anche in situazioni che vedono coinvolte la coscienza e la libertà di religione. Ventiquattro anni dopo, la Corte ha discusso il caso Lynch contro Donnelly (19) al centro del quale c’era il tema del presepe. Questo caso dimostra fino a che punto la sentenza McGowan abbia offuscato i limiti tra secolare e religioso: le parti in causa la hanno complessivamente citata per ben nove volte. La scena della natività ritrae uno degli eventi biblici più sacri: l’incarnazione. La maggioranza ammise che le leggi sulla domenica erano sullo stesso piano della nascita dalla vergine, mentre la minoranza evidenziò la natura secolare di tali leggi: «Nella sentenza McGowan, siamo giunti   alla conclusione che mentre tali leggi avevano radici in motivazioni religiose, l’attuale proposito è quello di perseguire compiutamente l’obiettivo di fornire un giorno uniforme di riposo per tutti i cittadini» (20). Le parole chiave sono: «radici nelle motivazioni religiose», «giorno uniforme di riposo» e «per tutti i cittadini». Non hanno forse ragione i sabbatisti quando obiettano di essere obbligati a osservare un giorno di riposo uniforme stabilito dal governo, anche se con tale disposizione vengono raggiunti obiettivi secolari?

Conclusione

La sentenza sulla causa Wisconsin contro Yoder (406 U.S. 205 [1972]) ha rappresentato una significativa vittoria per la libertà religiosa, consentendo agli Amish di seguire la loro strada distintiva anche andando contro un sistema scolastico obbligatorio. Essa ha stabilito quanto segue: «Solo quegli interessi di ordine supremo possono squilibrare le legittime rivendicazioni al libero esercizio della pratica religiosa». Ma quali sono questi interessi supremi? Il tradimento, considerato il peggiore tra i crimini. Le legittime credenze religiose saranno ancora una volta considerate tradimento per il bene dell’uniformità? L’appannamento della linea di demarcazione tra secolare e religioso ci sta portando su una strada sbagliata?  Il ventunesimo secolo ci pone di fronte a grandi problematiche: la distruzione nucleare, le crisi energetica  e alimentare, per non citare la pace mondiale. Dove si inserisce la libertà per le minoranze religiose? Anche se sembra un’ipotesi remota, possono nascere i presupposti per un nuovo scontro tra lealtà, nel momento in cui le credenze religiose fossero considerate il peggior crimine della nazione?

Tom Carter – Editorialista di LIBERTY magazine

NOTE

1   Minersville School District et al. v. Gobitis, 310 U.S. 586.

2 In P. Finkelman, Religion and American Law: An Encyclopedia (2013), p.186.

3 West Virginia State Board of Education v. Barnette, 419 U.S.624 at 632.

4 Ibid., at 641.

5   Atti 9:20; 13:5, 14, 15, 42; 14:1; 17:1, 10, 17; 18:1-4, 7, 8, 19, 26; 19:8.

6 K. A. Strand, The Sabbath in Scripture and History (Washington, D.C: Review and Herald Publishing Association, 1982), p. 135.

7 Ibid., pp. 137, 139.

8   JOHN A. O’Brien, The Faith of Millions: The Credentials of the Catholic Religion (Huntington, Ind.: Our Sunday Visitor, 1974), pp. 400, 401.

9 The Liberator, 31 marzo 1848, p. 50.

10   D. McAllister, The National Reform Movement, Its History and Principles: A Manual of Christian Civil Government (Allegheny, Pa.: Christian Statesman Co., 1898), pp. 15, 16.

11   R. B. Flowers, M. Rogers, and S. K. Green, Religious Freedom and the Supreme Court (Waco, Tex.: Baylor University Press., 2008), p.146.

12 Braunfeld v. Brown, 366 U.S. 613.

13   R.M.A. Brown, G. Weigel, and W. Herberg, An American Dialogue (Garden City, N.Y: Doubleday & Co., 1961), pp.162,163.

14 For Douglas’complete dissent, vedi: McGowan v Maryland, 366 U.S. 561-581 (1961).

15   The Register, America’s National Catholic Newspaper, 25 giugno 1961, p. 6.

16 Padon v. White, 485 F.Supp. 602, 604 (1979).

17   U.S. Court of Appeals for the Fifth Circuit, 736 F.2d 1022 (1984).

18     K. Hall, The Supreme Court in American Society: Equal Justice Under Law (New York: Garland Pub., 2000), p.485.

19 Lynch v. Donnelly, 465 US 668 (1984).

20   Ibid., at 682.

21   Ibid., at 719.

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