Abstract: Libertà religiosa e sicurezza sono diritti competitivi o complementari? Le politiche di “sicurezza integrata” elaborate dalle Linee Guida 2019 su «Libertà di religione o convinzione e sicurezza» dell’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) propongono un approccio securitario basato sul pieno rispetto dei diritti umani fondamentali e della libertà religiosa in particolare.

Sommario: 1. Libertà religiosa è sicurezza. – 2. L’OSCE e le Linee Guida: soft- organization e soft-law. – 3. Le premesse. – 4. L’interazione sicurezza-religione: quattro problemi giuridici. – 5. Conclusioni.

1.   Libertà religiosa è sicurezza

 La religione non minaccia la sicurezza collettiva ma, anzi, ne costituisce un fondamento. Sicurezza e libertà religiosa non si escludono, invece si includono e interagiscono come diritti complementari. In altre parole: libertà religiosa è sicurezza. Il magistero delle Linee Guida dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) su «libertà di religione o convinzione e sicurezza» (1) rivoluziona il paradigma securitario troppe volte prevalso negli anni della violenza religiosa internazionale, secondo cui libertà religiosa e sicurezza sono diritti competitivi e tra loro inversamente proporzionali.

Presentate a Varsavia il 19 settembre 2019, le Linee Guida («Policy Guidance» nell’originale inglese) sono state approvate e pubblicate dieci giorni prima dall’ODIHR, l’Ufficio per le Istituzioni democratiche e i diritti Umani che per l’OSCE si occupa della «dimensione umana», della sicurezza. Hanno collaborato in prima persona alla scrittura del documento due studiosi italiani: il prof. Silvio Ferrari dell’Università Statale di Milano e il prof. Marco Ventura dell’Università di Siena, entrambi già componenti in tempi diversi del panel di esperti OSCE sulla libertà religiosa.

2. L’OSCE e le Linee Guida: soft-organization e soft-law

Dalle colonne del Corriere della Sera proprio Marco Ventura ha osservato che il documento OSCE-ODIHR è il primo «interamente dedicato al binomio sicurezza e religione nella storia della comunità internazionale», ma «non è un testo adottato dai 57 Paesi che partecipano all’OSCE, né tantomeno uno strumento giuridicamente vincolante». (2) Come infatti l’OSCE si classifica tra le soft-organizations, così, conseguentemente, la Policy Guidance OSCE crea soft-law, cioè un corpus composito di principi, definizioni, approfondimenti, riflessioni e «raccomandazioni» che, sia pure indubitabilmente riconducibili a una specifica dimensione giuridica, non posseggono il requisito dell’imperatività.

Il testo delle Linee Guida si articola in due parti.

La prima introduce le premesse di metodo e di merito del documento e consta di tre paragrafi dedicati rispettivamente alla nozione di «sicurezza integrata» (par. 1), agli «impegni OSCE» e agli «standard internazionali» per il bilanciamento tra libertà religiosa e sicurezza (par. 2), ai «principi guida» per l’implementazione dell’approccio OSCE alla sicurezza (par. 3).

La seconda parte affronta quattro questioni giuridiche cruciali dell’interazione tra sicurezza e libertà religiosa: a) la registrazione e la cancellazione delle comunità religiose; b) i discorsi e la letteratura a carattere estremista; c) il monitoraggio dei luoghi di culto e di incontro dei fedeli; d) le conversioni e il diritto di persuasione non coercitiva.

A ciascuno di questi case-studies seguono le «raccomandazioni» che le Linee Guida indirizzano a quattro destinatari: gli «Stati partecipanti», le «comunità di religione o convinzione», la «società civile» e i «media».

Rispetto alla prosa analitico-descrittiva prevalente nel testo delle Linee Guida, lo stile delle «raccomandazioni» OSCE si caratterizza per maggior assertività, sintesi ed esattezza. Tuttavia, neppure alle «raccomandazioni» può riconoscersi la forza cogente del diritto positivo. Le «raccomandazioni», infatti, invitano a disporre misure specifiche a tutela della sicurezza, ma non le impongono. Altre azioni vengono sconsigliate, ma non vietate. Gli Stati, le confessioni, la società civile e i media ai quali le «raccomandazioni» si rivolgono, «sono incoraggiati» e non obbligati, non devono ma «dovrebbero». (3) Principi e «raccomandazioni» OSCE-ODIHR restano così un complesso di enunciati a carattere esortativo e non vincolante, espressivi non di obblighi giuridici veri e propri ma di un indirizzo politico-diplomatico a dimensione giuridica. di quest’indirizzo gli Stati partecipanti all’OSCE dovrebbero tenere conto nel rispetto del principio di buona fede. (4) Per l’autorevolezza delle fonti internazionali alle quali fanno riferimento si prevede un significativo impatto delle Linee Guida OSCE-ODIHR nelle regioni dell’OSCE.

3.   Le premesse

 «Ogni essere umano ha il diritto alla sicurezza della persona nonché il diritto alla libertà di religione o convinzione». (5) Con questa premessa e fin dalle sue origini, l’OSCE promuove una nozione di sicurezza formulata nei termini di «sicurezza integrata» (nell’originale inglese: comprehensive security), fondata sui diritti umani e caratterizzata per inclusività, eguaglianza, indivisibilità, sostenibilità e collaborazione.

Anzitutto la sicurezza è “integrata” e “inclusiva” perché include – dunque integra – tre dimensioni, ciascuna delle quali a propria volta implica le altre, integrandosi con esse: la dimensione politico-militare, quella economico-ambientale e la «dimensione umana» (traduzione letterale di human dimension). La «dimensione umana» permette di fondare le politiche e la stessa nozione di sicurezza sui diritti umani «in quanto condizione essenziale della fiducia su cui si fonda il rapporto tra lo Stato e la sua popolazione». Pertanto, «senza questa fiducia, è difficile per lo Stato adempiere concretamente alla propria responsabilità di garantire sicurezza e proteggere e preservare una società democratica». (6) Poi, sicurezza integrata è anche sicurezza “eguale”, «perché i tre aspetti» politico-militare, economico-ambientale e umano, «sono tutti ugualmente importanti» e “indivisibile” perché gli stessi sono tra loro «complementari». (7)

Inoltre, per queste stesse ragioni la sicurezza integrata è anche “sostenibile” in quanto, come precisano le Line Guida, «senza il pieno rispetto dei diritti umani» non può realizzarsi «una sicurezza sostenibile», cioè una soluzione «di lungo periodo» al problema securitario. (8)

Infine, la sicurezza integrata implica “collaborazione” perché una sicurezza «di lungo termine» richiede «un approccio collaborativo che coinvolga lo Stato e ogni altro tipo di interlocutore». è per questo che le Linee Guida OSCE 2019 su libertà di religione o convinzione e sicurezza responsabilizzano rispetto al problema-sicurezza non soltanto gli Stati, ma anche le comunità di religione o convinzione, le organizzazioni della società civile e i media.

Dunque, sicurezza integrata, inclusiva, eguale, indivisibile, sostenibile, di collaborazione e in ultima analisi “fondata sui diritti umani”. Tra i diritti umani le Linee Guida attribuiscono al diritto di libertà religiosa una rilevanza peculiare e strategica.

In particolare la libertà religiosa è «parte integrante della concezione OSCE di sicurezza» (9) perché «aiuta […] a soddisfare un bisogno fondamentale di ciascun essere umano» e «consente di trarre beneficio dall’espressione dei diversi punti di vista» nei diversi ambiti dello «sviluppo sociale», «economico» e della «pace». (10) In tal senso l’approccio integrato OSCE alla sicurezza «non considera come confliggenti la libertà di religione o convinzione e la sicurezza, ma li riconosce come diritti complementari» e «interdipendenti». (11) Un tale approccio al problema securitario globale è radicalmente innovativo e alternativo rispetto all’approccio competitivo-restrittivo, che persegue maggiore sicurezza a discapito degli spazi la libertà religiosa.

Nel breve periodo, comprimere la libertà religiosa intesa nelle sue molteplici dimensioni – «individuale, collettiva, istituzionale, educativa e di comunicazione» (12) – offre un’apparente percezione di sicurezza. Nello stesso momento, tuttavia, le restrizioni alla libertà di culto e di insegnare, praticare e osservare una religione o una convinzione producono e comprimono tensioni sociali destinate inevitabilmente, sia pure in un tempo più lungo, a indebolire il tessuto sociale fino al punto di rottura. diversamente da quanto troppo spesso accade, non si dovrebbe quindi dare «eccessivo peso alla sicurezza nazionale a spese degli altri profili della sicurezza, inclusi i diritti umani». (13)

Naturalmente ciò non significa che le Linee Guida OSCEODIHR escludano limitazioni al diritto di libertà religiosa. Le fonti internazionali richiamate dal documento OSCE offrono protezione assoluta soltanto alla dimensione interiore del diritto di libertà religiosa, il c.d. foro interno, cioè al «diritto di scegliere liberamente quale religione professare o a quale religione aderire, che include anche il diritto di cambiare religione o convinzione». (14) Linee Guida e fonti internazionali ammettono invece restrizioni alla libertà religiosa di foro esterno, cioè alle sue manifestazioni esteriori. Anche tali limitazioni, tuttavia, sono consentite come «rara eccezione» e dunque soltanto a specifiche condizioni. In generale, esse «devono essere rigorosamente giustificate» e motivate. (15) In particolare qualsiasi limitazione alla libertà di religione o convinzione «dev’essere prevista dalla legge» (16) (principio di legittimità) e «avere lo scopo di tutelare la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico, la salute o la morale pubblica, o i diritti fondamentali o le libertà altrui» (principio legittimità-tipicità), (17) deve essere «necessaria per il perseguimento di uno di questi obiettivi» (principio di necessità) e avere «connessione logica e fondata tra lo scopo legittimo e i mezzi impiegati per ottenerlo» (principio di proporzionalità) (18) e non può «essere imposta per scopi discriminatori o attuata con modalità discriminatorie» (principio di non discriminazione). (19)

L’implementazione di un approccio integrato alla sicurezza dovrebbe ispirarsi a principi-guida e ad azioni che le Linee Guida OSCE indicano espressamente: a) «misure educative» e b) «programmi di sensibilizzazione» con l’obiettivo di favorire il rispetto della diversità religiose e il dialogo interconfessionale e interreligioso, di divulgare informazioni imparziali sulle comunità di religione o convinzione e combattere così anche gli stereotipi negativi sulle religioni; c) Il «dialogo e la cooperazione» tra Stati OSCE e comunità religiose; d) «politiche di promozione del rispetto» del pluralismo religioso, in particolare per evitare che la religione in generale o una religione in particolare siano identificate con il terrorismo; e) la costruzione di un «quadro costituzionale e legislativo che favorisca la libertà di religione o convinzione». (20)

4.   L’interazione sicurezza-religione: quattro problemi giuridici

 La seconda parte del documento OSCE prende in esame alcune delle questioni giuridiche più complesse e decisive per il bilanciamento “integrato” tra diritto alla sicurezza e diritto di libertà religiosa: a) il diritto alla registrazione delle comunità religiose ed eventuale cancellazione; b) la libertà di pensiero religioso in rapporto al problema dei discorsi e delle pubblicazioni a contenuto estremista; c) il controllo, il monitoraggio e le perquisizioni dei luoghi di culto; d) il diritto alla conversione e di persuasione non in ambito OSCE è riconosciuto alle comunità di religione o convinzione il diritto alla registrazione, cioè il diritto delle confessioni che ne facciano richiesta a una qualche forma di riconoscimento ufficiale da parte dello Stato e così allo status di entità con personalità giuridica. (21) Si comprende dunque perché la registrazione sia enormemente «importante per l’effettivo godimento del diritto alla libertà di religione o convinzione», in quanto condizione senza la quale è impossibile per una confessione operare legittimamente all’interno dell’ordinamento giuridico di riferimento (stipulare contratti, disporre di diritti reali, avere un conto corrente).

Tuttavia, l’incompatibilità tra ideali religiosi e valori civili e la paura dell’estremismo religioso spesso portano i Governi a reagire «negando la registrazione ad alcune comunità di religione o convinzione o revocandola una volta concessa o, ancora, promulgando leggi di registrazione più restrittive e imponendo alle comunità precedentemente registrate di effettuare nuovamente la registrazione». (22)

Le Linee Guida sottolineano come il diniego o la revoca della personalità giuridica siano misure fortemente compromettenti per la libertà religiosa da un lato e controproducenti per la sicurezza dall’altro. Avvertono infatti che «un sistema accessibile di registrazione può incoraggiare le comunità di religione o convinzione, comprese quelle che possono destare preoccupazione […], ad agire entro i confini della legge». E’ l’esperienza, infatti, a dimostrare che «la registrazione può aiutare a costruire relazioni stabili e di fiducia tra gli Stati e le comunità di religione o convinzione». Così, in conformità ai criteri dell’art. 18.3 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (d’ora in avanti: ICCPR) e delle altre fonti internazionali, le Linee Guida OSCE avvertono che per essere proporzionali rispetto a misure «estreme» come il diniego o la revoca della registrazione, le motivazioni del diniego o della revoca dovranno essere «particolarmente forti». Misure come queste, dunque, potranno essere adottate solo a fronte di «gravi e reiterate violazioni» che mettano a rischio «l’ordine pubblico» e soltanto «quando non sia possibile ottenere lo stesso risultato tramite l’applicazione di sanzioni più leggere, tra cui l’avvertimento, l’ammenda o la revoca di agevolazioni fiscali». (23)

Il problema dei discorsi e della letteratura religiosa a contenuto estremista risale alla problematicità della nozione stessa di estremismo religioso che, come infatti osservano le Linee Guida, è priva di una definizione comunemente accettata a livello internazionale. Questo può esporre all’arbitrio dei decisori l’espressione religiosa, tutelata sia dalla libertà di opinione e di espressione, sia dalla libertà di religione o convinzione. Tuttavia, le Linee Guida OSCE ricordano che a norma dell’art. 19 ICCPR la libertà di espressione religiosa «comporta doveri e responsabilità speciali» e non contempla «il diritto di difendere convinzioni che incitino alla discriminazione, all’ostilità e alla violenza nei confronti degli altri». (24) Gli standard internazionali «dunque non vietano qualsiasi forma di promozione dell’odio», ma solo quelli che costituiscano «istigazione a veri e propri atti di discriminazione, ostilità o violenza». (25) Su queste basi le Linee Guida si raccomandano agli Stati perché abroghino «qualsiasi legge che imponga sanzioni nei confronti di chi afferma la superiorità di una religione o di una convinzione, in quanto» una tale affermazione non configura una «fattispecie di “estremismo”». (26) Con gli stessi presupposti, le Linee Guida invitano gli Stati a interrompere la prassi di affidare a esperti di nomina governativa la valutazione della natura estremista dei testi sacri, prassi che costituisce una plateale violazione del principio di autonomia confessionale e in modo specifico del diritto delle confessioni «di fornire le proprie interpretazioni autorizzate dei testi sacri e delle opere dottrinali della comunità». (27)

«I luoghi di culto e di incontro delle comunità di religione o convinzione sono talvolta visti come ambienti di radicalizzazione in cui si incentiva il terrorismo e il reclutamento in gruppi che promuovono la violenza». (28) Le misure comunemente adottate perché i luoghi di culto non si trasformino in una minaccia per la sicurezza sono i limiti all’accesso, il controllo, il monitoraggio, la supervisione dei frequentatori, le perquisizioni e, in casi estremi, la chiusura di detti luoghi. Sono tutte misure che possono riflettersi negativamente sulla libertà religiosa dei credenti disincentivando, ostacolando o pregiudicando la frequentazione di un luogo di culto o di incontro. Per questa ragione provvedimenti simili dovrebbero sempre essere «rigorosamente giustificati dalla legge» e proporzionali agli obiettivi per cui sono disposte. Ad esempio, limiti di accesso e chiusura dei luoghi di culto sono misure che non possono «ritenersi una risposta necessaria o proporzionale alla condotta individuale», perché «il presunto comportamento errato di un individuo non dovrebbe essere imputato ad un’intera comunità di religione o convinzione». Nei casi di controllo/monitoraggio/supervisione le Linee Guida OSCE raccomandano che si faccia ricorso a tali misure solo «in ultima istanza e laddove vi siano sufficienti motivi per ritenere che sia stato commesso un grave reato, anche preparato o in procinto di essere preparato». Per le operazioni di sorveglianza «occorre una supervisione indipendente, preferibilmente un giudice» e viene consigliata una adeguata formazione delle «autorità incaricate» affinché queste sappiano «relazionarsi con la dovuta sensibilità alle persone che frequentano i luoghi di culto e di incontro». Informazioni e dati acquisiti tramite queste operazioni «non dovrebbero essere condivisi con terzi che non siano autorizzati dalla legge» e devono «essere conservati neri limiti di tempo previsti dalla legge, per poi essere tempestivamente eliminati in modo sicuro». (29)

Le perquisizioni dei luoghi di culto/incontro sono invece definite «una misura estrema». Tuttavia, neppure i luoghi di culto/incontro ne sono esentati «laddove esistano prove sufficienti che all’interno di tali locali è stato commesso o preparato un crimine». Queste misure, tuttavia, dovrebbero avere «il consenso e la collaborazione dei responsabili» dei luoghi, essere eseguite «in loro presenza, sempre che ciò non pregiudichi l’esito» dell’operazione e «arrecare il minor disturbo possibile» ai fedeli. (30)

Il diritto di conversione, «ovvero il diritto di adottare, lasciare o cambiare la propria religione o convinzione», è specificamente riconosciuto in ambito OSCE, attiene al foro interno della persona e in quanto tale a esso il diritto internazionale offre protezione «Contrastano» dunque «con la natura stessa del diritto» le «sanzioni penali o civili o misure amministrative», tra cui «la previa notifica o autorizzazione della conversione da indirizzare alle autorità statali» in qualche modo idonee a limitare, ostacolare e disincentivare la conversione. (31) Attiene invece al foro esterno il «diritto di persuasione non coercitiva», formulazione che le Linee Guida OSCE preferiscono a «proselitismo», termine ritenuto «vago e dalla connotazione negativa». Questa «estrinsecazione della libertà di religione o convinzione», che per molti credenti è un «obbligo» religioso, consiste nella libertà di «convertire gli altri» tramite «tecniche di comunicazione e altre attività», ma «senza ricorrere a violenza, intimidazione, minacce o altre forme indebite di pressione», persuadendoli «della verità e dell’importanza delle proprie convinzioni, nonché delle relative pratiche, al fine di una vita soddisfacente e piena di significato». Tuttavia, proprio le attività di persuasione non coercitiva – «in particolare» di «comunità di religione o convinzione più piccole o di recente formazione» – sono spesso prese a pretesto per introdurre indebite limitazioni a legittime attività di queste comunità, accusate di attentare alla sicurezza con la divulgazione di «verità alternative» considerate «un “insulto ai sentimenti religiosi”, nonché incompatibili con i valori e le norme tradizionali della società interessata».

Le Linee Guida OSCE osservano invece come la libertà religiosa «sia necessariamente condizionata all’accoglienza di nuove idee» e chiedono dunque che eventuali limitazioni al diritto di persuasione non coercitiva rispettino sempre i criteri di legittimità/tipicità-necessità-proporzionalità-non discriminazione previsti dalle fonti internazionali. (32)

5.   Conclusioni

 In un mondo globalizzato e interconnesso, un complesso insieme di variabili e concause, a cominciare dai flussi migratori, trasforma la demografia sociale etnica, culturale e religiosa. Storici, politologi, sociologi e giuristi osservano come i migranti sembrano poter rinunciare a tutto ma non sono disposti a negoziare la propria religione, percepita e difesa come la sola matrice identitaria sopravvissuta di sé nell’esodo della migrazione. Psicologi e antropologi ipotizzano che la religione risponda a bisogni profondi della persona o, in ottica cristiana, alla naturale e ineliminabile vocazione dell’uomo al trascendente. L’apporto delle scienze sociali diventa per la prima volta metodologia nelle Linee Guida OSCE-ODIHR su «libertà di religione o convinzione e sicurezza». Se l’approccio securitario tradizionale reagisce alle interferenze tra sicurezza e libertà religiosa sottovalutandone l’interdipendenza, l’approccio integrato al problema ne valorizza l’interdipendenza per risolvere le possibili interferenze. Una sicurezza integrata fondata sui diritti umani, in primis il diritto di libertà religiosa, è certamente più complessa e impegnativa rispetto alle più sperimentate politiche della sicurezza restrittive dei diritti e delle libertà fondamentali. Tuttavia, soprattutto in una fase storica a elevatissimo quoziente di mobilità e frammentazione sociale, l’approccio integrato OSCE basato sul rispetto dei diritti umani sembra il solo in grado di affrontare su scala globale la questione securitaria e le sue proiezioni future: la trasformazione delle tipologie della minaccia, la crescente entità del danno, la moltiplicazione dei beni e degli interessi esposti, primo tra i quali la «dimensione umana».

Gabriele Fattori – Università di Foggia, Professore Ordinario di Diritto ecclesiastico e canonico e Coordinatore del Corso di Laurea in Scienze Giuridiche della Sicurezza.

1 ORGANIZATION FOR SECURITY AND COOPERATION IN EUROPE (OSCE) – OFFICE FOR DEMOCRATIC INSTITUTION AND HUMAN RIGHTS (ODIHR), Freedom of religion or belief and security. Policy Guidance, 9 settembre 2019. d’ora in avanti il documento sarà indicato in nota con l’abbreviazione: Linee Guida OSCE 2019. La sola traduzione italiana delle Linee Guida OSCE 2019 – a cura di Gabriele FATTORI, Pasquale ANNICCHINO e Marco BUCCARELLA e disponibile in questo stesso numero di Coscienza e Libertà – è stata pubblicata per la prima volta nel volume a cura di G. FATTORI, Libertà religiosa e sicurezza, Pacini editore, 2021 e di cui sono coautori i professori dell’Università di Foggia Gianpaolo Maria RUOTOLo, Francesca ROSA, Michele TRIMARCHI, Giandomenico SALCUNI e il dott. Marco BUCCARELLA. d’ora in avanti le citazioni del documento faranno riferimento alla traduzione italiana.

2 M. VENTURA, Le linee guida per la religione e la sicurezza, Corriere della Sera, 29 settembre 2019.

3 Cfr. la traduzione italiana delle Linee Guida OSCE a cura di G. FATTORI, P. ANNICCHINO e BUCCARELLA in G. FATTORI (a cura di), Libertà religiosa e sicurezza, Pacini editore, 2021, 213-273. d’ora in avanti le citazioni del documento faranno riferimento alla traduzione italiana pubblicata in questo volume.

4 G.M. RUOTOLO, Il diritto internazionale, in G. FATTORI (a cura di), Op. cit., pp. 3-6.

Linee Guida OSCE 2019, Introduzione.

6 Ibidem.

7 Linee Guida OSCE 2019, par 1.

Linee Guida OSCE 2019, Introduzione.

9 “Conference on Security and Cooperation in Europe Final Act”, OSCE, 1975, https://www. osce.org/it/mc/39504?download=true (in seguito, “Atto finale di Helsinki 1975”).

10 Linee Guida OSCE 2019, par. 1. A tal proposito le Linee Guida OSCE osservano come la crescente evidenza del legame tra la libertà di religione o convinzione e l’armonia della società e la prosperità economica è stato sottolineato in diversi studi, tra cui: B. GRIM, R. FINKE, «The Price of Freedom denied: Religious Persecution and Conflict in the 21st Century», in Cambridge University Press, New York, 2011; B. GRIM, G. CLARK, R.E. SNYDER, «Is Religious Freedom Good for Business?: A Conceptual and Empirical Analysis», in Interdisciplinary Journal of Research on Religion, vol. 10, n. 4, 2014.

11 Linee Guida OSCE 2019, Introduzione.

12 Linee Guida OSCE 2019, par. 2.

13 Linee Guida OSCE 2019, Introduzione.

14 Linee Guida OSCE 2019, par. 2. Le Linee Guida fanno riferimento all’art. 18 della Convenzione (meglio nota come: Patto) dei diritti civili e politici (ICCPR) e all’art. 9 della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo (ECHR). Una protezione analoga sembra offrire anche la Convenzione America dei Diritti umani (ACHR).

15 Linee Guida OSCE 2019, par. 2.

16 ICCPR, articolo 18(3), ECHR, articolo 9(2); ACHR articolo 12(3).

17 ICCPR, articolo 18(3); ECHR, articolo 9(2), che circoscrive i motivi che legittimano l’introduzione di limiti a «interessi di pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine pubblico, dell’igiene o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui»; ACHR, articolo 12, che circoscrive la possibilità di introdurre limiti a ragioni «di pubblica sicurezza, igiene o morale, di protezione dei diritti o delle libertà altrui».

18 ICCPR, articolo 18(3); ECHR, articolo 9(2); ACHR, articolo 12.

19 Linee Guida OSCE 2019, par. 2.

20 Linee Guida OSCE 2019, par. 3.

21 Cfr. OSCE, Guidelines on the Legal Personality of Religious or Belief Communities, 4 febbraio 2015. Cfr. anche OSCE, Documento conclusivo della riunione di Vienna 1986 dei rap- presentanti degli Stati che hanno partecipato alla Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (documento di Vienna), 19 gennaio 1989, parr. 16.3 e 16.4; sul tema più generale della registrazione delle comunità di religione o convinzione cfr. C. MORINI, La tutela dei diritti dei gruppi religiosi nel contesto regionale europeo, Cacucci Editore, 2018, pp. 100-120.

22 Linee Guida OSCE 2019, par. 4.1.

23 Ibidem.

24 Linee Guida OSCE 2019, par. 4.2

25 Cfr. art. 20.2 ICCPR e i parametri di verifica dell’estremismo religioso introdotti dal Piano d’Azione di Rabat.

26 Linee Guida OSCE 2019, par. 4.2, raccomandazione n. 7 agli Stati partecipanti.

27 Linee Guida OSCE 2019, par. 4.2, raccomandazione n. 8 agli Stati partecipanti.

28 Linee Guida OSCE 2019, par. 4.3.

29 Ibidem.

30 Ibidem.

31 Linee Guida OSCE 2019, par. 4.4.

32 Ibidem.

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