Nell’Europa occidentale la libertà religiosa è da tempo garantita a livello costituzionale e legislativo. I problemi irrisolti sono costituiti dalla necessità di affrontare la regolamentazione delle attività o modalità rituali dei culti di minoranza, in un contesto di generale tutela della libertà religiosa di fatto, dominata dai culti maggioritari (1) e dall’esercizio della libertà individuale. In particolare, per quanto riguarda l’attività di proselitismo delle confessioni religiose di minoranza, ad alcune di esse si contestano le metodiche adottate per diffondere il loro credo e acquisire proseliti. Le modalità con le quali si svolge questa attività richiamano in Occidente ancora oggi l’attenzione dell’ordinamento il quale ha l’obbligo di esercitare un’effettiva ed efficace tutela della libertà individuale, creando le condizioni per il suo esercizio. Ciò malgrado l’apertura totale del mercato religioso spinge a qualificare alcuni comportamenti come settari e lesivi della libertà individuale, tali da costituire una grave lesione della personalità, (2) spingendo alcuni a proporre la reintroduzione del reato di plagio, dichiarato incostituzionale dalla nota sentenza della Corte Costituzionale del 1981. (3)

In Europa dell’Est il problema del proselitismo delle confessioni religiose di minoranza presenta aspetti molto diversi da quelli dell’Europa occidentale, poiché prima della caduta del muro di Berlino vigeva una legislazione di disfavore, quando non repressiva, del fenomeno religioso della quale erano in genere oggetto tutti i culti. La trasformazione in senso liberale degli ordinamenti ha aperto la strada, pressoché in tutti i paesi (4) all’adozione di una legislazione che consente  e tutela la libertà religiosa sia collettiva che individuale. Ciò è avvenuto sia inserendo in Costituzione la tutela della libertà religiosa (5) sia adottando leggi sulla libertà religiosa, (6) peraltro non senza introdurre discriminazioni nel consentire l’esistenza legale di alcune confessioni religiose e il concreto esercizio del culto. (7) Anche se in questo contesto rileva la libertà individuale di aderire e praticare un culto e i limiti frapposti al suo esercizio, l’attività collettiva della confessione religiosa e quella di organizzare il culto (anche materialmente attraverso una propria struttura) è essenziale e propedeutica per comprendere quale sia la possibilità di esercitare l’attività di proselitismo e professare liberamente il culto a livello individuale. (8) Ne discende che l’analisi di questa problematica non può essere disgiunta da un propedeutico riferimento alle condizioni generali e collettive di esercizio del culto.

Volendo superare una legislazione precedente generalmente repressiva del fenomeno religioso molti ordinamenti prevedono norme che non obbligano all’appartenenza a un culto, ma, guardando al fenomeno religioso come  elemento identitario (9) e suscettibile di sollevare conflitti nella società, prevedono una elencazione di denominazioni consentite e accettate che devono essere uniche e onnicomprensive. (10) Questa scelta non è una conseguenza dell’esercizio della libertà religiosa, ma piuttosto riflette l’interesse dei differenti gruppi confessionali a ottenere la restituzione dei beni confiscati alle confessioni religiose dai passati regimi, ai fini di potenziare le loro attività confessionali e ricostruire le basi materiali della presenza nel culto della società. Inutile dire che tutto questo costituisce un ostacolo materiale alla libertà di proselitismo dei nuovi culti, poiché tende ad attribuire una «rendita di posizione» nel mercato religioso ai culti tradizionali, o a parti di essi, basata sulla disponibilità dei beni materiali  per l’esercizio dell’attività di culto. (11)

Questa scelta crea non pochi problemi per i culti di minoranza nella loro possibilità di essere inseriti nel novero dei culti ai quali è consentito di organizzarsi e operare come tali, e ciò ha pesanti conseguenze sul dotarsi di strutture confessionali e di un proprio patrimonio, privando così di fatto l’organizzazione confessionale dei mezzi con i quali supportare il culto, impedendo a essa di svolgere quelle attività caritatevoli che costituiscono di solito il veicolo per esercitare attività di proselitismo e testimonianza della fede.

Queste disposizioni costituiscono un ostacolo all’attività di proselitismo, ma anche a quella di esercizio del culto e sono preliminari a qualsiasi considerazione riguardante la libertà di adesione a un culto. Ne consegue che le attività eventuali di costrizione psicologica o di condizionamento risultano essere certamente residuali rispetto alle condizioni materiali di esercizio del culto e comportano considerazioni dell’ordinamento a proposito del contenuto dottrinale della confessione (12) e della sua organizzazione soprattutto in relazione al rapporto che essa instaura con i fedeli, alla concezione del mondo e della società delle quali il gruppo confessionale si fa portatore, alle relazioni di carattere finanziario e patrimoniale che a volte si creano tra i fedeli e l’organizzazione confessionale. (13)

L’ostilità verso i nuovi culti, con attenzione anche ai metodi con i quali il proselitismo viene praticato o il culto esercitato, assume rilevanza soprattutto in Stati che hanno scelto una nuova confessionalizzazione o di fare un riferimento istituzionale a un paniere di culti giudicati «costruttivi» dall’ordinamento, a tutto detrimento di culti ritenuti «distruttivi» rispetto agli interessi nazionali o a quelli sociali. (14) In un siffatto contesto legislativo l’attenzione dell’ordinamento verso eventuali azioni di manipolazione della personalità e di condizionamento, divengono di secondaria importanza quali strumenti per contrastare l’adesione a nuovi culti e il proselitismo indesiderato, almeno sotto il profilo della diffusione di nuove credenze. è il contesto strutturale a fare da filtro e da ostacolo alla diffusione del proselitismo dei nuovi culti e non la legislazione penale, che colpisce i comportamenti individuali, posta a protezione della libertà di coscienza o della personalità del fedele. La censura di scelte religiose eterodosse viene esercitata prima sul piano collettivo e operando sulle basi materiali del credere per colpire eventualmente solo successivamente scelte eterodosse a livello individuale. Ecco quindi che l’accento viene posto dall’ordinamento sui legami confessionali, agendo ben prima che il problema possa toccare le scelte di coscienza e professione individuale di fede.

Gaetano Cimbalo – Ha insegnato Diritto Ecclesiastico italiano e comparato presso il campus dell’Università di Bologna e di Ravenna

NOTE

1 In realtà, malgrado le garanzie di libertà religiosa siano generalmente assicurate, problemi notevoli presentano i rapporti a livello istituzionale con le comunità islamiche sempre più numerose nel continente anche per effetto dell’emigrazione. La compatibilità delle esigenze del culto islamico, ma ancor più le caratteristiche che assumono le strutture confessionali islamiche presentano molti problemi almeno in parte irrisolti e danno luogo a una conflittualità permanente e diffusa che riguarda la visibilità pubblica del culto islamico che si manifesta in relazione all’abbigliamento delle donne, alla presenza di edifici di culto e in particolare dei minareti, alla configurazione organizzativa e strutturale delle organizzazioni religiose. Sul punto, per brevità, mi sia consentito rinviare a: G. CIMBALO, Il diritto ecclesiastico oggi: la territorializzazione dei diritti di libertà religiosa, intervento al Convegno «Il riformismo legislativo in diritto ecclesiastico e canonico», Pellegrini Editore, Cosenza 2011, 335-386; ID, Contributo allo studio dell’Islam in Europa, in Aequitas sive Deus, Studi in onore di Rinaldo Bertolino, Giappichelli, Torino, 2011, 557-574; ID. Denominazione della  persona  e appartenenza religiosa. Il nome arabo dei credenti musulmani, in «Stato chiese e pluralismo confessionale», 11 gennaio 2016, 1-2016, 1-25.

2 Nella legislazione dell’Europa occidentale sopravvive la norma del codice penale spagnolo sull’alterazione o il controllo della personalità (art. 515, n. 3) e sono da  segnalare i riferimenti alle attività di confessioni o gruppi religiosi, anche appartenenti alla Chiesa cattolica, dei quali vengono denunciati i comportamenti settari nei rapporti sull’attività delle sette in Francia (1996) e in Belgio (1997).

3   Vedi: disegno di legge n.800, proponenti Renato Meduri (AN) ed Elisabetta Casellati Alberti (FI).

4  I diversi paesi hanno adottato a riguardo strade differenti diversificando una legislazione  prima tendenzialmente uniforme costruita sul modello sovietico. I diversi percorsi possono essere ricostruiti attraverso la ricostruzione delle attività degli uffici preposti in ogni Stato ai rapporti con le confessioni religiose. Si veda a riguardo G. CIMBALO, Confessioni e comunità religiose nell’Europa dell’Est, pluralismo religioso e politiche legislative degli Stati, Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 8 del 2019.

5   I testi delle Costituzioni dei Paesi dell’Est Europa nella loro sequenza storica evolutiva sono consultabili sul sito hptt//licodu.cois.it.

6 I testi delle leggi sulla libertà religiosa dei Paesi dell’Est Europa nella loro sequenza storica evolutiva sono consultabili sul sito hptt//licodu.cois.it. Si segnala l’eccezione dell’Albania che regola i rapporti mediante accordi previsti dall’art. 10 della sua Costituzione che tuttavia fanno riferimento all’applicazione alle confessioni religiose  della  legislazione  di diritto comune. G. CIMBALO Pluralismo confessionale e comunità religiose in Albania, BUP, Bologna 2012.

7 è quanto è avvenuto e avviene nei Balcani dove, in particolare in Macedonia, in Kosovo e in Montenegro (anche se qui una nuova legge è in discussione), si consente a una e una sola denominazione la possibilità di registrarsi come rappresentante di un determinato culto e non è consentita la registrazione delle diverse organizzazioni religiose infra confessionali. Ci vuol dire che si concede a una e una sola organizzazione religiosa la rappresentanza  degli ortodossi, dei musulmani ecc. Tale disposizione è stata oggetto di ripetute e recenti sentenze della CEDU che ha contestato la legittimità di tali norme in relazione alla Convenzione EDU. Vedi: Case Orthodox Ohrid Archidiocese against the former Yugoslav Republic of Macedonia, Application no. 3532/07, First section, Strasbourg, lodged on 26 December 2006; Case of Bektashi Community and others v. the former Yugoslav Republic  of Macedonia, First Section, Applications nos. 48044/10; 75722/12 and 25176/13, judgment, Strasbourg, 12 April 2018; Opinion No. 743/ 2013, CDL-REF (2013) 057;  ma anche Commissione di Venezia, Draft law on amendment and upplementation of law no.02/l-31 on freedom of religion in Kosovo Strasbourg, 22 January 2014.

8   Molte Costituzioni dei paesi dell’Est conservano la garanzia esplicita del diritto a non professare alcun culto e vietano di dar vita a partiti politici a base religiosa o di utilizzare la religione a fini politici (Art. 9 della Costituzione albanese. Artt. 11 e 12 bulgara, ceca ecc.).

9    è questa la scelta dell’ordinamento bulgaro che consente l’acquisto della cittadinanza per i figli di cittadini bulgari nati all’estero mediante il battesimo da parte della Chiesa Ortodossa Autocefala Bulgara (art. 3.3.) e ne tutela l’identità nazionale come prodotto dell’appartenenza religiosa alla medesima Chiesa  sulla  base  degli  artt.  37  e  38  dello stesso provvedimento. Vedi: Закон  за  българите,  живеещи  извън  република  българия, обн. дв. бр.30 от 11 април 2000г., изм. дв. бр.58 от 26 юли 2016г. Coerentemente a tale impostazione l’art. 13 3. della Costituzione stabilisce che «La religione tradizionale nella Repubblica di Bulgaria è la religione ortodossa orientale».

10 è questa la scelta fatta dallo Stato macedone come da quello kosovaro, quest’ultimo obbedendo a una imposizione dell’Amministrazione delle Nazioni Unite che ha modificato l’art. 5 della legge adottata nel 2006. Provisional Institutions of Self Government, Freedom of religion in Kosovo, Law No. 02/L-31.

11   Significativo il caso della Bosnia Erzegovina dove la confessione cattolica ha chiesto che la legge sulla restituzione dei beni ecclesiastici confiscati preveda di attribuire una parte dei beni a essa destinati alle nuove confessioni religiose di minoranza al fine evidente di promuovere il pluralismo religioso e di contrastare la costituzione di uno Stato confessionale identitario a base religiosa. Закон о враћању (реституцији) имовинецрквама и верским заједницама Закон објављен у “Службеном гласнику РС”, бр. 46/2006 од 2. јуна 2006. године. Ступио на снагу 10. јуна 2006. године, а примењује се од 1. октобра 2006.

12 Proseguire sulla strada intrapresa della esclusiva rappresentanza delle denominazioni onnicomprensive di ogni culto significherebbe indurre le diverse confessioni religiose a una sempre maggiore valorizzazione delle differenze  identitarie e stimolare i fedeli alla riscoperta del fondamentalismo religioso, come dimostra la crescita di gruppi radicali e fondamentalisti sia in ambito islamico che in quello di altre componenti religiose nei Balcani,  con il risultato di distruggere il pluralismo religioso e la ricchezza culturale ed etica della religiosità balcanica.

13 La mancata concessione della personalità giuridica ostacola la confessione nelle sue capacità di trarre benefici economici dalle attività di proselitismo.

14   Si veda ad esempio in Lituania l’attività della «Commissione interparlamentare sulle attività dei gruppi religiosi non convenzionali», alla quale hanno preso parte rappresentanti di ben 8 Ministeri (della Giustizia – presidente della commissione, dell’Interno, dell’Istruzione e della Scienza della salute; degli Affari esteri, della Cultura, della Sicurezza sociale e del Lavoro) della Procura Generale, del Comitato per i diritti umani delle Seimas della Repubblica di Lituania; di istituti di ricerca e di studio lituani che studiano i gruppi religiosi, spirituali   ed esoterici e dell’Associazione dei comuni lituani. dėl komisijos valstybės institucijų, pagal savo kompetenciją sprendžiančių su religini, ezoterinių ar dvasinių grupių veikla susijusius klausimus, veiklai koordinuoti sudarymo, vilnius, 2000 m. balandžio 14 d. nr. 426. Ma vedi anche la Slovenia che ha istituito un organo analogo sklep vlade rs o ustanovitvi sveta za dialog o verski svobodi (12. 6. 2015) [Decisione del governo  della  Repubblica di Slovenia sull’istituzione del Consiglio per il dialogo sulla libertà di religione (12/06/2015)].

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