Abstract: Si ricostruisce la strategia del Patriarcato di Mosca per la gestione dei rapporti con i suoi Esarcati e Metropolie, chiarendo il concetto di auto-amministrazione. Si descrivono le posizioni del Patriarcato Ecumenico sulla concessione dell’autocefalia alla Chiesa ucraina. Si evidenziano l’imbarazzo e le difficoltà della Chiesa cattolica a fronte delle divisioni nell’ortodossia e alla crisi dell’ecumenismo.
Sommario: 1. Il ruolo securitario del Patriarcato di Mosca. – 2. La gestione “disinvolta” delle autocefalie del Patriarcato Ecumenico. – 3. La Chiesa cattolica di fronte al conflitto panortodosso.
1. Il ruolo securitario del patriarcato di mosca
Il crollo dell’Unione Sovietica ha restituito in modo pieno al Patriarcato di Mosca la funzione di Chiesa di Stato, impegnata a svolgere il suo ruolo nell’ambito del principio di armonia, di supporto e legittimazione all’attività dello Stato russo. L’assunzione di questo ruolo ha richiesto alla Chiesa di rivedere e ristrutturare le relazioni con quelle sue Eparchie che si sono venute a trovare al di fuori del territorio della Russia e che tuttavia costituivano delle entità ecclesiastiche consistenti, svolgendo un ruolo politico-istituzionale di rilievo nazionale negli Stati nei quali operavano. Il nuovo assetto non poteva passare attraverso la concessione a queste Chiese dell’autocefalia che avrebbe sancito un eccessivo distacco di queste entità religiose dalla Chiesa madre; andava quindi trovata una nuova formula organizzativa che consentisse una accentuata autonomia, che le mettesse in grado di sviluppare relazioni sinfoniche con i rispettivi Stati, senza che i legami gerarchici ecclesiastici venissero compromessi.
D’altra parte, il ruolo delle Chiese di legittimazione dello Stato, caratteristico dell’ortodossia, era essenziale alle necessità politiche dello Stato russo per consentire a esso, attraverso il ruolo della sua Chiesa, di fornire legittimazione agli Stati di Bielorussia e Ucraina, ritenuti necessari e funzionali per garantire una cintura sicuritaria intorno alla Russia. Questa funzione sarebbe stata la diretta conseguenza della condivisione di un’unica Chiesa, gerarchicamente ordinata, e quindi in grado di esercitare quel ruolo sinfonico tipico in un paese a maggioranza ortodossa e a sancire in qualche modo, al tempo stesso, l’unità politica dei tre Stati, sia pure formalmente indipendenti: un’unità spirituale che restava nel solco della tradizionale dimensione operativa del Patriarcato moscovita.
Così il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa elaborò il principio di “Chiesa auto amministrata”, riconoscendo questo status agli Esarcati di Minsk e di Kiev. (1) In tal modo veniva garantita una dimensione territoriale alla confessione, coincidente con il territorio dello Stato nel quale queste entità operano e, nello stesso tempo, veniva assicurata l’unità gerarchica e confessionale del corpo ecclesiastico; la struttura amministrativa autogestita avrebbe dovuto d’altra parte consentire alla Chiesa russa in questi Paesi di rivestire un ruolo e una funzione di referente nazionale per lo Stato, sopperendo all’assenza di autocefalia.
Al tempo stesso, l’adozione di questo nuovo principio avrebbe consentito al Patriarcato moscovita di rispondere meglio alle esigenze della diaspora ortodossa che a essa continuava a fare riferimento.
La dissoluzione dell’URSS aveva generato una consistente migrazione verso l’occidente e accresciuto la consistenza di comunità religiose idealmente e a livello ecclesiologico connesse alla Chiesa madre. Queste comunità, crescendo, avrebbero inevitabilmente maturato un bisogno di autonomia che si sarebbe potuto concretizzare nella richiesta di autocefalia – conformemente alla tradizione ortodossa – che tali comunità avrebbero cercato e ottenuto con tutte le loro forze, magari guardando al Patriarcato Ecumenico, come era avvenuto con l’Estonia. (2) Ecco perché era opportuno disporre di una misura organizzativa che garantisse l’auto amministrazione senza recidere i legami gerarchici con la Chiesa madre.
E, in effetti, la misura adottata aveva dato buona prova di sé in Bielorussia, dove il Patriarcato di Minsk, retto dal Metropolita, operando in una situazione di deciso favore – poiché il Patriarcato bielorusso si trova nel Paese in una situazione di incontrastato monopolio in quanto costituisce la confessione alla quale afferisce la maggioranza dei credenti (3) – ha effettivamente stipulato con lo Stato un accordo generale di reciproca collaborazione che fa della Chiesa un potente elemento di stabilizzazione e legittimazione delle istituzioni statali.
Stipulato il 12 giugno 2003 tra l’Esarcato della Chiesa ortodossa Bielorussa, afferente al Patriarcato di Mosca, e lo Stato della Bielorussia, un accordo ecclesiastico (4) ha legato dunque lo Stato alla Chiesa, di fatto clericalizzandolo, poiché, mediante accordi su specifiche materie successivamente sottoscritti, lo Stato ha affidato alla Chiesa interi settori delle attività sociali, di orientamento culturale e con funzioni identitarie, al punto che la confessione ortodossa rappresentata nel Paese da una articolazione del Patriarcato moscovita si è identificata con lo Stato, svolgendo e dispiegando di fatto quel ruolo armonico di relazione che nei Paesi a maggioranza ortodossa presiede ai rapporti tra le due entità.
Diverso il caso dell’altra “pertinenza” della Chiesa ortodossa Russa, quella retta dalla Metropolia di Kiev, (5) e questo perché in Ucraina sono da tempo presenti e operanti più Chiese ortodosse. Già quanto avvenuto all’indomani del crollo dell’URSS, dopo la riconquistata indipendenza del Paese, ovvero con la scissione promossa da Filaret (Denisenko) che portò alla nascita del Patriarcato di Kiev (6), avrebbe dovuto suonare un campanello di allarme per il Cremlino e per il Patriarcato moscovita, inducendo sia il Governo russo che il Patriarcato di Mosca alla necessaria cautela.
La situazione è in effetti precipitata a partire dai moti di piazza Maidan, promossi dall’occidente (2014). da allora la vita politica dell’Ucraina è stata caratterizzata anche da un crescente scontro tra le diverse componenti dell’ortodossia che è progressivamente salito di intensità, fino a coinvolgere tutte le formazioni religiose del paese. Il conflitto, dopo complesse vicende, (7) ha portato, nel gennaio del 2019, al riconoscimento – auspice il Governo – a opera del Patriarcato Ecumenico dell’autocefalia alla Chiesa ortodossa Ucraina, costituitasi con l’unificazione delle preesistenti Chiese ortodosse presenti nel Paese l’anno precedente. da allora la situazione interna dell’Ucraina è precipitata verso lo scontro tra le diverse entità religiose del Paese che si è dipanato parallelamente alla crisi politica, svolgendo un ruolo prodromico rispetto all’invasione e allo scoppio della guerra. (8)
2. La gestione “disinvolta” delle autocefalie del patriarcato ecumenico
Il Patriarcato Ecumenico, il più antico e prestigioso dei Patriarcati ortodossi, rivendica storicamente la giurisdizione su tutto il territorio non di pertinenza di altri Patriarcati e perciò si arroga storicamente il diritto di concedere l’autocefalia alle Chiese che lo richiedono, il che può avvenire ogni qual volta si costituisce un nuovo Stato nazionale. (9) Le Chiese di questi Stati vengono dette autocefale e sono in comunione di fede e di tradizioni con le altre Chiese ortodosse, ma non riconoscono altro capo al di fuori di Cristo in cielo e del Concilio ecumenico in terra.
Poiché l’autocefalia deve essere richiesta e concessa dal Patriarca, legittimo superiore gerarchico, la richiesta della Chiesa ortodossa Ucraina, costituitasi nel 2018 per rispondere ai bisogni politici di consolidamento e legittimazione dello Stato ucraino e sancire la sua indipendenza da Mosca, rivolgeva la richiesta di autocefalia al Patriarcato Ecumenico. Sorgeva tuttavia un contenzioso tra il Patriarcato Ecumenico e quello di Mosca relativo alla giurisdizione sull’Ucraina, sulla quale il Patriarcato di Mosca rivendicava la giurisdizione.
Il Patriarca Ecumenico Bartolomeo dichiarava decaduta la decisione del 1686 con cui l’allora Patriarca Ecumenico dionisio IV aveva posto la Metropolia di Kiev sotto la giurisdizione di Mosca con un Atto Patriarcale e Sinodale. La Chiesa ortodossa Russa contestava questa interpretazione ritenendo definitiva la concessione della giurisdizione che era anzi alla base della sua autonomia.
La questione, benché posta come di natura giuridica e canonica, era ed è evidentemente politica. L’interpretazione della natura dell’affidamento dipendeva evidentemente dai rapporti di potere tra il Patriarcato Ecumenico e quello di Mosca; il contenzioso era il frutto del progressivo deterioramento dei rapporti tra i due Patriarcati. (10)
Un tentativo di conciliazione era stato esperito convocando un Concilio ecumenico panortodosso che poi si è svolto a Creta dal 20 al 26 giugno 2016 al quale non hanno partecipato i rappresentanti della Chiesa ortodossa Russa. In quella occasione il Patriarca Bartolomeo venne messo di fronte al fallimento della sua politica: la sua intenzione di discutere le procedure per la concessione dell’autocefalia aveva un triplice obiettivo: guadagnare al Patriarcato Ecumenico il sostegno delle nuove Chiese autocefale che andavano sorgendo a causa della rinata indipendenza di alcuni Stati; (11) avere il sostegno di queste Chiese per continuare a gestire gli ortodossi della diaspora dai quali hanno origine i proventi del Patriarcato; frantumare l’unità delle Metropolie legate al Patriarcato russo, attraverso l’accoglimento delle eventuali richieste di autocefalia che questi non intendeva concedere. Bartolomeo, per realizzare il suo disegno, si era meticolosamente preparato ottenendo dal Governo americano l’accreditamento presso la stauropegia (ambasciata) degli Stati Uniti di un uomo di sua assoluta fiducia, che avrebbe garantito al Patriarcato Ecumenico il sostegno finanziario degli ortodossi del Nord America. (12) In risposta il 15 ottobre 2018, il Sinodo della Chiesa ortodossa Russa, riunito a Minsk, dichiara interrotta la comunione ecumenica con il Patriarcato di Costantinopoli. da allora in poi non solo il Patriarcato di Costantinopoli non verrà citato nel dittico recitato nelle Chiese afferenti al Patriarcato di Mosca e in quelle a esso legate, ma è interdetto ai fedeli ricevere i sacramenti e mantenere qualsiasi rapporto con le Chiese afferenti al Patriarcato di Costantinopoli.
La Chiesa ortodossa Russa rimprovera al Patriarcato la revoca delle scomuniche a Filaret (Denisenko) e a Macario, primate della Chiesa ortodossa Autocefala Ucraina (UAOC), che non avrebbe avuto alcun di- ritto di revocare, essendo state pronunciate e condivise da tutte le Chiese ortodosse. Ricorda inoltre che nell’agosto del 2018 il Patriarcato di Costantinopoli ha introdotto la possibilità di un secondo matrimonio per i sacerdoti, il che viola i canoni della Chiesa. Si configurerebbe così l’eresia di un “papismo orientale”, che è impossibile nell’ortodossia.
Ne consegue che per i russi il Patriarcato di Costantinopoli con le sue azioni avrebbe prodotto uno scisma. da qui la reciproca scomunica dei Patriarchi di Costantinopoli e di Mosca.
3. La Chiesa Cattolica di fronte al conflitto panortodosso
La Chiesa cattolica vede vanificata la sua propensione all’ecumenismo e la sua costante azione in favore dell’unità dei cristiani dal conflitto che coinvolge le Chiese ortodosse. La concessione dell’autocefalia alla Chiesa ucraina ha aperto uno scontro senza esclusione di colpi tra il Patriarcato Ecumenico e quello di Mosca, impegnati in un confronto a livello globale nel contendersi il sostegno degli altri Patriarcati.
Il conflitto in atto ha recentemente indotto il Patriarcato russo a costituire un proprio Esarcato d’Africa con l’intento di sottrarre clero e fedeli al Patriarcato di Alessandria, reo di sostenere quello Ecumenico nelle sue decisioni a proposito dell’autocefalia ucraina.
Ma non basta. I rapporti di radicale conflitto tra le Chiese ucraine ha reso impossibile un viaggio di mediazione a Kiev del Pontefice all’affacciarsi delle possibilità di conflitto. Recandosi in Ucraina, il Pontefice avrebbe dovuto incontrare sia il Patriarca della Nuova Chiesa Autocefala sia il Metropolita di Kiev della Chiesa ortodossa Russa, inserendosi in un conflitto tra le due entità religiose. da qui la posizione incerta e ondivaga della Chiesa Greco cattolica Ucraina e di quella di rito latino operanti in Ucraina a proposito di un viaggio del Pontefice, tanto più a guerra iniziata. Nondimeno l’azione diplomatica della Santa Sede a favore della pace vi è stata, anche se ha dovuto registrare il netto schieramento del Patriarca Kirill a favore dello Stato russo, acclamato difensore di valori illiberali e sessuofobici, sostenuti dal Patriarca russo, come peraltro dai suoi epigoni ucraini appartenenti a tutte le altre confessioni ortodosse a lui avverse.
Le confessioni religiose ucraine si sono infatti distinte per la richiesta al Governo ucraino di non ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica ritenuta lesiva dei valori condivisi dalla nazione.
In questa situazione a Francesco non è rimasto che tacere sull’esaltazione della guerra e sulle benedizioni del Patriarca Ecumenico rivolte all’Ucraina, da lui invitata a combattere non solo per l’indipendenza del Paese, ma per i valori della sua Chiesa e al tempo stesso a rivolgersi a Kirill, ricordandogli che compito di un Patriarca è quello di essere qualcosa di più e di diverso da un chierico di Stato. (13) Francesco e la Chiesa cattolica, posti di fronte allo scontro tra le Chiese ortodosse, devono prendere atto che il clima di collaborazione e dialogo inaugurato nell’incontro presso l’aeroporto di L’Avana tra Francesco e Kirill è ormai un lontano ricordo e che alla luce dei fatti non esiste una “Chiesa ortodossa”, e nemmeno una “federazione” delle chiese ortodosse, ma soltanto un certo numero di Chiese indipendenti, o tutt’al più un “aggregato” di Chiese, il numero delle quali è soggetto a variazioni con tendenza ad aumentare. I rapporti ecumenici dei cattolici con queste Chiese vanno ricercati e costruiti uno a uno, volta per volta, nelle relazioni bilaterali, individuando i terreni di collaborazione e di confronto.
Giovanni Cimbalo – Già docente di Diritto Ecclesiastico Italiano e comparato.
1 Alla Chiesa ortodossa Ucraina afferente al Patriarcato di Mosca (in ucraino Українська Православна Церква) è stata concessa l’indipendenza e l’autogoverno in base alla risoluzione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa Russa che ha avuto luogo il 25-27 ottobre 1990. Questa è dunque una Chiesa indipendente e auto-governata con ampi diritti di autonomia. Nella sua vita e nel suo lavoro è guidata dalla risoluzione del Santo Sinodo dei Vescovi del 1990 della Chiesa ortodossa Russa relativa alla Chiesa ortodossa Ucraina. L’Atto del 1990 del Patriarca di Mosca e di tutta la Russia e lo Statuto sul governo della Chiesa ortodossa ucraina sono pubblicati sul sito Libertà religiosa e diritti umani (Licodu – Ucraina – Statuti) unitamente agli Statuti delle Chiese citate e al Tomos di riconoscimento dell’autocefalia dell’ultima nata del 2018.
2 In Estonia, a fronte del rifiuto del Patriarcato moscovita di concederle l’autocefalia, la Chiesa ortodossa Estone si era rivolta al Patriarcato Ecumenico che aveva provveduto a concederla.
3 La Chiesa ortodossa autocefala bielorussa è storicamente presente nelle regioni meridionali e occidentali del Paese, già appartenute alla Polonia.
4 L’accordo, firmato a Minsk a nome della Repubblica di Bielorussia dal Primo Ministro della Repubblica di Belarus’ G. Novickij e a nome della Chiesa ortodossa bielorussa, dal Metropolita di Minsk e Sluck, Esarca patriarcale di tutta la Bielorussia, entra in vigore, ai sensi dell’art. 7 dal momento della sua firma ed è perpetuo, se non diversamente stabilito dalle parti. Пагадненне аб Супрацоўніцтве, паміж Рэспублікай Беларусь іБеларускай Праваслаўнай Царквой, Минск, 12. 06. 2003. Per un commento: G. CIMBALO, La Bielorussia alla ricerca della propria identità e il processo di confessionalizzazione dello Stato, in Stato Chiese e Pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 39 del 2018, p. 10 ss.
5 La Chiesa ortodossa Ucraina auto-amministrata, facente capo al Patriarcato di Mosca (UPC-MP), il 28 ottobre 1990 ha ottenuto lo status di Chiesa autonoma sotto la giurisdizione della Chiesa ortodossa Russa. Con questo provvedimento, ricorrendo all’applicazione del capitolo IX del proprio Statuto, il Patriarcato moscovita prendeva atto delle nuove esigenze che avrebbero potuto scaturire da una possibile indipendenza dell’Ucraina che venne in effetti proclamata il 24 agosto del 1991 e concedeva lo status di auto-amministrazione.
6 G. CIMBALO, L’evoluzione dei rapporti tra Stato e Chiese nella Nuova Ucraina. Alla ricerca dell’Autocefalia, in Diritto e religioni, 2, 2020, pp. 252-304.
7 Ibidem.
8 Su queste ultime vicende: G. CIMBALO, Il ruolo sottaciuto delle Chiese nel conflitto russo-ucraino, in Diritto e religioni, 2, 2021, pp. 487-512.
9 A fronte del disgregarsi dell’impero ottomano il Patriarca di Costantinopoli perdeva definitivamente ogni sua giurisdizione territoriale. Negli anni dal 1921 al 1923 il Patriarca di Costantinopoli Melezio IV, facendo aggio su una interpretazione del canone 28 del Concilio Tulliano, affermò che il Patriarcato di Costantinopoli conservava la giurisdizione sugli ortodossi che vivono nei “paesi barbari” (ovvero in paesi non ortodossi) e perciò chiedeva il loro sostegno economico. In conseguenza di questa decisione il suo potere si estendeva su tutti i territori dove non ci sono altre Chiese ortodosse, per esempio nell’Europa centrale e occidentale, in America, Australia, sulla maggior parte dell’Asia. Ne consegue che solo ad esso spetterebbe il diritto di stabilire Chiese ortodosse, concedendo l’autocefalia o conferendola a parti scissioniste di altre Chiese come conseguenza della nascita di nuovi Stati. Nessuna Chiesa ortodossa concorda con questa decisione. La questione è molto discussa; in dottrina viene affrontata con ampio riferimento al dibattito dottrinale da G. GRIGORIţă, La diaspora ortodossa: realtà attuali e prospettive per il futuro. Un’analisi dal punto di vista canonico, in Il Diritto Ecclesiastico, dicembre 2020, passim.
10 Sulla natura giuridica di tale atto si discute ampiamente in dottrina: V. PARLATO, L’autocefalia della chiesa ortodossa ucraina, interpretazioni dottrinali e strutture ecclesiali a confronto, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoe- chiese.it), n. 7 del 2010, p. 8 ss.; I. V. PONKIN, Opinion on act (decision), adopted by the Holy Synod of the Patriarchate of Constantinople on 11 October 2018, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 2 del 2019.
11 Attualmente resta aperto il problema dell’autocefalia della Chiesa ortodossa del Montenegro: G. CIMBALO, Autocefalia vo’ cercando ch’è si cara, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 19 del 2020, passim. Per quanto riguarda la Chiesa ortodossa Macedone, non riconosciuta dalle altre Chiese ortodosse il problema è stato risolto il 9 maggio 2022, dal Santo Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli che, accogliendo la petizione di appello di tale Chiesa alla Chiesa Madre, tenendo conto della posizione dello Stato della Macedonia del Nord, ha deciso che: “1. Accoglie nella comunione eucaristica la Gerarchia, il clero e i laici sotto l’arcivescovo Stefan di questa Chiesa, sanando così la ferita dello scisma e versando “olio e vino” sul calvario dei nostri fratelli ortodossi in quel Paese. A tal fine viene emanato l’apposito Atto Patriarcale e Sinodale. 2. Cede alla Santissima Chiesa di Serbia la regolamentazione delle questioni amministrative tra essa e la Chiesa in Macedonia del Nord, nell’ambito ovviamente del sacro ordine canonico e della tradizione ecclesiastica. 3. Riconosce “ohrid” come nome di questa Chiesa (intesa come la regione di sua giurisdizione unicamente entro i confini del territorio dello Stato della Macedonia del Nord), escludendo l’uso del termine “Macedonia”. A sancire la cancellazione dello scisma il 16 maggio il Consiglio episcopale della Chiesa ortodossa Serba ha deciso di restaurare la comunione canonica con la MOC celebrando la Santa Liturgia Gerarchica nella Cattedrale di San Sava a Belgrado, giovedì 19 maggio 2022, così ristabilendo la comunione liturgica e canonica delle due Chiese sorelle, per decisione del Santo Consiglio dei Vescovi della Chiesa ortodossa serba.
12 A reggere la stauropegia viene nominato Elpidophoros (Lambranidis), nuovo Arcivescovo d’America, che ha fatto da tramite con gli scismatici ucraini per molti anni.
13 L. FONTANA-F. SARZANINI, Intervista a Papa Francesco: Putin non si ferma, voglio incontrarlo a Mosca. Ora non vado a Kiev, in Corriere della Sera, 4 agosto 2022.