Nel 1973 Carlo Cardia pose alla comunità scientifica un quesito tanto semplice quanto incisivo: «Esiste un problema ateistico in Italia? O, a dir meglio, può parlarsi di una autentica libertà religiosa, nel nostro paese, che tuteli uomini di ogni fede, credenti e non credenti?». (1) Tale interrogativo ebbe un effetto dirompente, poiché gran parte della letteratura socio-giuridica sulla libertà religiosa, negli anni immediatamente successivi all’entrata in vigore della Costituzione, escludeva la non credenza dall’ambito del fenomeno religioso, ritenendola una mera manifestazione individuale del pensiero (art. 21 Cost.), assiologicamente subordinata alle fedi “positive”. In tal senso significativi sono alcuni casi giurisprudenziali come la sentenza del Tribunale di Ferrara del 1948, che riconobbe l’affidamento alla madre “religiosissima”, ritenendo inadatto al compito educativo il padre “ateo bestemmiatore”, le Ordinanze istruttorie del Tribunale di Rovigo del 21-25 agosto 1952 e del 27 settembre 1952, il caso dei concubini di Prato e le accese dispute dottrinali che ne derivarono. (2) All’interpretazione restrittiva che limitava le garanzie ex art. 19 Cost. alle concezioni “positive”, espressioni di “un fatto di fede rivolto al divino”, ha posto un argine la Corte costituzionale con la sent. 117 del 1979, in cui si affermò che «l’opinione prevalente fa ormai rientrare la tutela della c.d. libertà di coscienza dei non credenti in quella più ampia libertà in materia religiosa assicurata dall’art. 19, il quale garantirebbe altresì (…) la corrispondente libertà “negativa”».
Da allora i profili ancora inattuati del diritto di libertà religiosa dei non credenti restano molteplici, tanto che dopo oltre quarant’anni la Cassazione (ordinanza n. 7893 del 17 aprile 2020), (3) pronunciandosi in materia di propaganda dell’ateismo, ha dovuto ribadire che il diritto di propaganda di cui all’art. 19 Cost. deve essere riconosciuto alle convinzioni filosofiche e non confessionali «al pari e nella stessa misura» di quelle teiste.
Con l’intento di esaminare alcuni dei problemi pratici della libertà religiosa dei non credenti, il Codice europeo della libertà di non credere (4) si è posto nel solco dell’indagine iniziata da Cardia, (5) estendendola a livello comparativo agli Stati membri dell’Unione europea.
Il libro, risultato di due anni di ricerca finanziati dall’Uaar presso l’Università di Firenze e di soggiorni-studio all’estero, è stato impreziosito dalla Premessa di Francesco Margiotta Broglio, tra i più autorevoli studiosi della materia, e dalla Postfazione del Responsabile scientifico del progetto, Marco Croce.
Il titolo del volume necessita di alcune precisazioni: il termine Codice va ascritto a un significato più contenutistico che formale, in quanto all’analisi delle fonti e della giurisprudenza europea nella materia de qua e alla disamina, storicamente contestualizzata, del dato normativo e giurisprudenziale nelle singole realtà nazionali, si affianca la rilevazione del dato fattuale, rivelatore di criticità osmotiche nel rapporto tra teoria e prassi. Il libro dunque non presenta un’architettura formalmente organica e sistematica come quella propria dei codici, in quanto la maggior parte degli ordinamenti giuridici, con poche eccezioni, non contempla norme specifiche per i diritti dei non credenti. Tali norme in effetti si potrebbero considerare superflue, atteso che la libertà religiosa, nell’accezione estensiva ormai acquisita nei documenti internazionali, include la libertà di credere, di non credere e di mutare le proprie convinzioni.
La divisione strutturale operata nel Codice tra Paesi fondatori e Paesi membri entrati in Ue nei periodi precedente e successivo alla caduta del muro di Berlino è funzionale a una duplice esigenza: delineare il lungo percorso evolutivo, ancora incompiuto, dell’unificazione europea e insieme tratteggiare la particolare fisionomia di Ianus Bifrons assunta oggi dall’Unione europea, costituita ad Est da Paesi che per decenni hanno vissuto l’ateismo di Stato e a Ovest da Paesi che, in maggiore o minore misura, hanno garantito da molto tempo la libertà in materia religiosa. In una realtà così inevitabilmente variegata, che comprende la presenza di Chiese di Stato e di Stati sempre più secolarizzati, emerge un denominatore comune: una sorta di gerarchia che subordina, in modalità diverse, la libertà dalla religione alla libertà di religione (6) e il gap in materia di tutela è ancora più pronunciato nella dimensione collettiva del fenomeno religioso. Solo in pochi Paesi infatti, come Belgio, Germania, Paesi Bassi, Slovenia, Estonia, Bulgaria e Polonia, lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali è equiparato a quello delle confessioni religiose, anche se con esiti a volte più formali che sostanziali. Negli altri ordinamenti, anche in quelli “faro” di laicità come la Francia, le due tipologie di organizzazioni si pongono su piani ben differenti. La distinzione si traduce nell’accordare solo a poche confessioni “riconosciute”, a scapito delle altre e delle organizzazioni filosofiche e non confessionali, peculiari diritti, benefici, strumenti per penetrare capillarmente nel tessuto sociale e nelle coscienze individuali.
Un dato che stupisce è rilevare le somiglianze tra ordinamenti “laici” e ordinamenti che riservano uno status peculiare alla propria chiesa “dominante”. Tali somiglianze, a volte molto marcate, (7) come nel caso dell’Italia in cui il principio di laicità è stato introdotto dalla giurisprudenza costituzionale (sent. 203 del 1989) e della Grecia che qualifica la religione ortodossa come “prevalente” (art. 13 Cost.) inducono a una profonda riflessione sul significato della laicità, principio cardine per la democraticità di uno Stato, ma che a livello pratico viene riferito a sistemi di rapporti tra Stato e fenomeno religioso estremamente eterogenei, non sempre garanti di neutralità, equidistanza, imparzialità e di distinzione degli ordini.
Nel Codice si è dunque indagato anche il livello di laicità della produzione legislativa degli Stati membri, selezionando alcuni ambiti nevralgici, particolarmente soggetti ai condizionamenti operati dalle chiese maggioritarie, tra i quali: la libertà di propaganda atea e religiosa, l’interruzione volontaria di gravidanza, il diritto a un fine vita dignitoso, la tutela penale del sentimento religioso, lo status giuridico delle confessioni e delle associazioni filosofiche e non confessionali, la regolamentazione delle unioni omosessuali, l’insegnamento confessionale e/o etico nella scuola pubblica, la presenza di simboli religiosi nello spazio pubblico, l’assistenza spirituale nelle comunità separate, il diritto di modificare l’affiliazione religiosa nei registri confessionali.
Pur considerando le diverse declinazioni di laicità, rispondenti alle precipue tradizioni storiche nazionali, e l’incompetenza dell’Ue in materia religiosa, va rilevato che la giurisprudenza e le fonti comunitarie stanno di fatto progressivamente affermando un paradigma europeo di laicità, che tende, non senza deviazioni, verso la direzione di una sempre più netta separazione delle sfere statale e spirituale. Perno di questo paradigma potrebbe rinvenirsi nell’equiparazione dello status di chiese, associazioni religiose e organizzazioni filosofiche non confessionali, operata dall’art. 17 TFUE. (8)
Con esse hanno un substrato comune, piuttosto dialettico di un medesimo prisma, quello delle risposte, trascendenti o immanenti, agli interrogativi della vita. Tralasciando il tentativo, destinato a fallire nelle scienze positive e in quella giuridica in particolare, di definire univocamente la “religione”, si potrebbe pacificamente affermare che è religioso lo stupore dinanzi alla vita, stupore che ognuno codifica secondo un criterio personale; in questo senso l’accostamento di termini quali “ateismo religioso”, “religione ateistica”, (9) “confessione ateistica” non appare un ossimoro. La mancata centralità della divinità ha fatto considerare ad esempio il Buddismo, da parte di alcuni studiosi contemporanei, come una religione “atea”. (10)
Per Ronald Dworkin inoltre “la religione è più profonda di Dio”. La meraviglia che genera da sempre l’universo si trasforma in “un fondamentale impulso religioso” che si è tradotto storicamente o nella credenza in una forza intelligente soprannaturale – un dio – o in un insieme di convinzioni etiche e morali profonde. (11)
Va ulteriormente rilevato che la non credenza non costituisce più un fenomeno di nicchia, come dimostrano le statistiche religiose a chiusura della trattazione di ogni Stato nel Codice. Pajer l’ha definita «terza confessione», quantificabile nel 20- 25% della popolazione adulta europea al di sopra dei 18 anni. (12)
La metamorfosi profonda della geografia religiosa, rilevata dai dati statistici nel suo aspetto oggettivo, rende ormai inadeguati gli schemi tradizionalmente adottati per la disciplina del fenomeno religioso. Le religioni e le filosofie, espressioni dell’essere e dell’esistere, un tempo fattori identitari di culture e ambiti geografici, si coagulano oggi in un amalgama complesso. Le migrazioni fisiche e “virtuali” avvicinano mondi reali e ideali un tempo molto distanti; (13) le cosmogonie si incontrano, si scontrano, si compenetrano, si trasformano, si radicalizzano, si sottopongono a revisione e si diffondono rapidamente nuove convinzioni e nuove credenze. In questo panorama religioso così complesso la bussola della laicità costituisce uno strumento necessario agli Stati per garantire la pacifica convivenza tra diversi con eguali diritti. In ultima analisi il Codice, pur indagando precipuamente la tutela dei diritti dei non credenti, muove da una motivazione di fondo: far luce sulle problematiche attuative della libertà religiosa per i gruppi religiosi diversi da quelli maggioritari può contribuire a una più equa edificazione di un paradigma laico; in questo senso ogni conquista per la laicità è una conquista per la libertà religiosa di ognuno.
Silvia Baldassarre – Assegnista di ricerca in Diritto Ecclesiastico presso l’Università degli Studi di Firenze.
NOTE
1 C. CARDIA, Ateismo e libertà religiosa nell’ordinamento giuridico, nella scuola, nell’informazione, dall’Unità ai giorni nostri, De Donato, Bari, 1973, p. 5.
2 Tra i giuristi più intransigenti figurava Agostino Origone, che definiva l’ateismo «quel modo di vita spirituale che comincia là dove la vita religiosa finisce», un’opzione soggettiva che resta al di fuori della libertà religiosa; ne deriva che l’ordinamento statuale «per costituire la libertà religiosa, tiene e deve tener presente l’atteggiamento religioso positivo» e ha il dovere di tutelare la libertà contro l’insidia alla fede: «l’ateismo attivo è incompatibile non soltanto con la religione e con la morale, ma anche col diritto positivo; e varrebbe la pena che i responsabili del potere pubblico facessero il tenue sforzo di sussumerlo sotto i principii e le norme ch’esso viola, per dare attuazione pratica alle immancabili conclusioni che ne deriverebbero», A. ORIGONE, La libertà religiosa e l’ateismo, in Studi di diritto costituzionale in memoria di Luigi Rossi, Giuffrè, Milano, 1952, pp. 420 e 454.
3 Il testo dell’ordinanza è disponibile in www.olir.it/wp-content/uploads/2020/04/Allegato2_Ordinanza.pdf. Per approfondimenti si vedano J. PASQUALI CERIOLI, “Senza D”. La campagna Uaar tra libertà di propaganda e divieto di discriminazioni, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 9 del 2020; N. FIORITA, D come discriminazione. Alcune considerazioni intorno alla controversia tra l’Uaar e il Comune di Verona, in corso di pubblicazione in Giornale di Diritto Amministrativo; M. CROCE, Opportune (e ovvie) precisazioni della Cassazione in tema di propaganda del non credere, in Quaderni costituzionali, 2020, p. 401 e ss., N. COLAIANNI, Propaganda ateistica: laicità e divieto di discriminazione, 10 giugno 2020, disponibile in https://www.questione-giustizia.it/articolo/pro- paganda-ateistica-laicita-e-divieto-didiscriminazione_10-06-2020.php.
4 S. BALDASSARRE, Codice europeo della non credenza. Normativa e giurisprudenza sui diritti dei non credenti nell’Unione Europea, con la Premessa di F. Margiotta Broglio, Nessun Dogma, Roma, 2020.
5 Per approfondimenti sul tema della non credenza si segnalano, senza pretesa di esaustività: M. CROCE, I non credenti, 2012, in www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/documenti_forum/ paper/0381_croce.pdf; ID., An agreement denied: how philosophical association are discriminated by Italian law, in A. ORIOLI (a cura di) Non believers’ Europe. Models of Secularism, Individual Statuses, Collective Rights, Nessun Dogma, Roma, 2019, p. 72 ss.; nello stesso volume si vedano anche J. P. SCHREIBER, Belgium and the protection of non believers, p. 99 ss.; F. ALICINO, Atheism and the Principle of Laïcité in France, p. 171 ss. Il fascicolo n. 1 di Qdpe del 2011 è interamente dedicato alla materia de qua, si vedano in particolare i seguenti contributi: S. COGLIEVINA, Il trattamento giuridico dell’ateismo nell’Unione europea, p. 51 ss.; G. FILORAMO, Trasformazioni del religioso e ateismo, p. 3 ss.; N. FIORITA, F. ONIDA, Anche gli atei credono, p. 15 ss.; P. FLORIS, Ateismo e Costituzione, p. 87 ss.; G. CIMBALO, Ateismo e diritto di farne propaganda tra dimensione individuale e collettiva, p. 113 ss.; M. PARISI, Ateismo, neutralità dell’istruzione pubblica e pluralismo delle opzioni formative, p. 127 ss.; G. FATTORI, Osservazioni su ateismo e diritto canonico, p. 177 ss. Si vedano inoltre J. PASQUALI CERIOLI, “Senza D”. La campagna Uaar tra libertà di propaganda e divieto di discriminazioni, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), 9, 2020; F. MARGIOTTA BROGLIO, Partiamo dalla Costituzione, in Reset, gennaio-febbraio 2008; N. COLAIANNI, Tutela della personalità e diritti della coscienza, Cacucci, Bari, 2000; T. RIMOLDI, Libertà religiosa in Italia. Le criticità, in Coscienza e Libertà, 2015, n. 51, pp. 68-75.
6 L’espressione è di R. BIN, Libertà dalla religione, in R. BIN, C. PINELLI (a cura di), I soggetti del pluralismo nella giurisprudenza costituzionale, Giappichelli, Torino, 1996, p. 39.
7 Tra i tratti comuni vi sono la massiccia presenza di simboli religiosi nei luoghi pubblici, la retribuzione degli insegnanti di religione a carico dello Stato, l’integrazione dei cappellani nella struttura gerarchica militare, la celebrazione di festività religiose (ortodosse in Grecia e cattoliche in Italia) come feste nazionali, la partecipazione delle gerarchie ecclesiastiche agli eventi ufficiali dello Stato.
8 Tale articolo ha ripreso la formulazione presente nella Dichiarazione n. 11 adottata in allegato al Trattato di Amsterdam, e nell’articolo I-52 della Costituzione Europea, mai entrata in vigore.
9 In Austria la Società religiosa ateistica (ARG) il 30 dicembre 2019 ha presentato all’ufficio della Cultura della cancelleria federale (Kultusamt) la domanda per ottenere lo status di comunità religiosa registrata; per approfondimenti cfr. W. APFALTER, Is an Atheist religion in Austria legally possible?, in Journal of Law, Religion and State (JLRS), v. 8, n. 1, 2020, p. 93 ss.
10 Cfr. H. SCHINICHI HISAMATSU, Una religione senza Dio. Satori e ateismo, Roma, Il Nuovo Melangolo, 1996.
11 R. DWORKIN, Religione senza Dio, Il Mulino, Bologna, 2014, pp. 17 e 110.
12 F. PAJER, L’istruzione religiosa nelle scuole dell’Unione europea: un’identità plurale e in evoluzione, in Pistis Praxis, Teologia e Pastoral, Curitiba, II, 2, 2010, p. 451. Cfr. anche P. GARELLI, Gente di poca fede, Il Mulino, Bologna, 2020 e ID., Piccoli atei crescono, Il Mulino, Bologna, 2016. Già nel 2012, secondo i dati del Pew Research Center, i non affiliati rappresentavano il 16% della popolazione mondiale, cfr. https://www.pewresearch.org/global/.
13 Il «rapidissimo e sostanzialmente incontrollabile cammino della scienza e dei mezzi di comunicazione (avremo presto missionari di tutti i tipi via internet e via cavo)», F. MARGIOTTA BROGLIO, Intervento alla Tavola rotonda su L’evoluzione dei rapporti tra Chiesa e Stati durante il pontificato di Giovanni Paolo II, in Qdpe, I, aprile 1999, p. 14. Per approfondimenti sul tema democrazia e nuove tecnologie si veda S. RODOTà, La cittadinanza elettronica, in Telema, 1, 1995, p. 18 ss. Si veda inoltre V. J. L. SCHLEGEL, Religions à la carte, Fayard, Paris, 2012.