Il primato della politica per sconfiggere i neopopulismi

L’Europa e i neopopulismi

A poco più di sessant’anni dall’approvazione dei Trattati di Roma, nel marzo del 1957, che avevano rappresentato il momento costitutivo della Comunità Economica Europea (Cee), il progetto europeo rischia la disintegrazione (1) o un suo rinnovato sviluppo, anche se con modalità differenti nei diversi Paesi dell’UE (2). E l’agenda delle scadenze elettorali del 2017, dopo l’elezione del neopresidente USA, il repubblicano Donald Trump nel novembre 2016, hanno messo a dura prova le democrazie di quei Paesi e la politica dell’intero continente. Dall’Olanda alla Francia, dalla Germania all’Austria, governi sempre più fragili e coalizioni anche con partiti di destra (Austria) potrebbero interrompere il lento e faticoso percorso di integrazione. Anche per la cancelliera Merkel, in Germania, con un risultato elettorale non troppo soddisfacente nelle elezioni politiche, non sarà facile costruire un’intesa stabile con il presidente francese Macron, europeista convinto. Egli è riuscito, nelle elezioni presidenziali del 2017, a sconfiggere, per la seconda volta, il «sovranismo» e l’euroscetticismo del Front National di Marine Le Pen.

Vi è quindi unanimità, negli studiosi e politologi contemporanei, nel rappresentare e descrivere la democrazia attuale in serie difficoltà e in crisi (3). La credibilità delle élite che governano diminuisce a ogni elezione nazionale o amministrativa in quasi tutti i Paesi dell’Europa (4). La polarizzazione del ceto medio aumenta le disuguaglianze sociali, il welfare sembra erodere sempre più le scarse risorse per cittadini che si sentono esclusi e dimenticati (5).

Destra e sinistra, concetti legati a ideologie del passato, sembrano essere sostituiti oggi da partiti e movimenti che rivendicano la «sovranità nazionale» e identitaria nel ritornare a una propria moneta e a confini chiusi, contro il Trattato di Schengen che prevede la circolazione delle persone. In Gran Bretagna, con la Brexit, nel giugno 2016, la deriva nazionalista e populista è stata ancora più evidente, anche se la sua attuazione, ora, sembra difficile e complessa.

Il «populismo», o il «neopopulismo» (6), è un concetto complesso, variegato, e semplificatorio (7). Lo si può declinare in varie modalità, appartiene a partiti di destra e di sinistra. Ora questo fenomeno è diventato uno stile comunicativo di movimenti e di leader carismatici che accusano l’Europa e le sue regole economiche (il fiscal compact ad esempio) di rendere più povera la popolazione, di non favorire la crescita con una forte disoccupazione (8).

Il neopopulismo si inserisce nel «credo neoliberista» dell’attuale società post-ideologica con una forte critica verso i corpi intermedi, dai sindacati alle associazioni degli ordini professionali, sostenendo, in alcuni casi, un forte irrobustimento del potere esecutivo rispetto a quello della rappresentanza (9).

Crescono così il sovranismo, il nazionalismo e l’estrema destra populista in molti Paesi europei dell’ovest ma anche dell’est, in alcune delle nazioni che prima della caduta del muro di Berlino, nel 1989, gravitavano nell’orbita sovietica.

Opinione, questa, evidenziata anche dal sociologo Alberto Martinelli: l’implosione dell’Unione Sovietica ha ampliato fratture e contrapposizioni che durante la Seconda guerra mondiale venivano assorbite dal bipolarismo USA-Urss (10). Come anche le identità religiose e i conflitti geopolitici all’interno del complesso e variegato mondo ex-sovietico (11). Trent’anni dopo l’89 i confini, le frontiere ridiventano protagoniste e attuali, con un dato interessante ma anche preoccupante: «L’Europa è il continente con il più alto rapporto tra frontiere interne e superficie totale, ma anche quello con la produzione di frontiere più recenti» e quasi la metà di esse sono state tracciate dopo il 1945 (12).

Il nazionalismo, come ideologia e movimento collettivo, è un fenomeno tipicamente moderno (13). Esso ha contribuito al processo di sviluppo e di modernizzazione dell’Europa, ma ha anche portato a due guerre mondiali che ne hanno devastato i territori con massacri e uccisioni di milioni di cittadini. Vi è una coincidenza tra nazionalismo, cultura nazionale e potere statale (14), anche se originariamente, quando esso nacque, non vi erano derive etniche o culturali che porteranno, in seguito, alla sottolineatura di quell’aspetto di «sangue e terra» – legato anche alla tradizione romantica tedesca – che culminerà nel nazionalsocialismo (15). Il nazionalismo quindi, in origine, si collega al principio democratico di nazione – e al nazionalismo -, nato nel 1789 con la Rivoluzione Francese e la Déclaration des droits de l’homme et du citoyen.

La sua natura ambivalente sembra quindi esplodere ora, in una società post-ideologica, nella quale le rivendicazioni identitarie, di divisione, «noi» e «loro», amici e nemici, insider e outsider (16), sembrano essere le nuove – ma anche antiche – categorie di interpretazioni del presente. Il nazionalismo, prodotto della globalizzazione, diventa così una reazione ad essa e, nel caso dei Paesi post-comunisti dell’Europa orientale, quasi «una modernizzazione ritardata» (17). Inoltre, esso condivide con i partiti di estrema destra una ricerca quasi ossessiva di un capro espiatorio che trova nel liberismo economico, nell’eccessiva pressione fiscale, nell’arrivo di immigrati e rifugiati, soprattutto islamici, la causa di recessioni e disoccupazioni, in particolare quella giovanile (18). Si può concordare, quindi, con l’affermazione del sociologo: dove fallisce la società sembra che sia la nazione l’unica garanzia.

Il nazionalismo si sta trasformando, così, in sovranismo e «protezionismo»: sottolineatura, quasi ossessiva, della ricerca di una sovranità nazionale e di confini da controllare e chiudere per proteggere spazi e territori da invasioni esterne. Inoltre, nella Ue, il ritorno alle monete nazionali sembra essere una ricetta miracolosa per sconfiggere polarizzazioni economiche che una globalizzazione fuori controllo ha prodotto. Ne scrive ampiamente, nel suo ultimo saggio, il sociologo Arnaldo Bagnasco, definendo la questione del ceto medio come emergenza di un nuovo problema sociale, in Europa ma anche negli Stati Uniti (19). Nella società postsociale (20), le categorie di interpretazione del passato sono inadeguate nella lettura e comprensione di una realtà che si è trasformata. Non siamo più in presenza       di una società senza classi ma, invece, in «classi senza società» (21), incapaci di rispondere con una coscienza di sé a una precarietà non solo economica bensì anche esistenziale.

Favorire una nuova politica e un’educazione responsabile. Il ruolo delle religioni.

Dopo i devastanti e distruttivi totalitarismi europei del secolo scorso, la preannunciata fine della storia, le due istituzioni che sembravano essere i pilastri portanti del nuovo ordine mondiale: la democrazia e il capitalismo mostrano profonde incrinature. E il contesto europeo è sempre più sottoposto a spinte contrastanti: rischio di disgregazione o segnali di ripresa. La religione ha riconquistato un suo spazio, pubblico e privato, all’interno della società, in un rapporto dialettico tra la libertà e le democrazie occidentali (22). Se la credenza religiosa può diventare una regola di comportamento nella società, il suo richiamo, nella politica, come anche gli ideali repubblicani o collettivistici, vissuti senza mediazioni o equilibrio, possono diventare estremamente rischiosi (23).

Occorre quindi, come afferma il sociologo canadese C. Taylor, sconfiggere quelle ambiguità che possono farle considerare identità chiuse e nazionaliste (24). È quello che sta accadendo nei partiti sovranisti e populisti, in molti Paesi europei: la strumentalizzazione di una religione ideologica e non di fede. La religione, per sua natura fonte di pace, non può, invece, diventare causa di conflitti e di scontri, ma occorrerebbe favorire la ricerca di quei valori europei che il cristianesimo ha contribuito a determinare. Una Chiesa che si pone in ascolto e aperta è il documento promosso dal Presidente dei vescovi francesi in previsione delle elezioni presidenziali del Paese nel 2017: «Dans un monde qui change, retrouver le sens du politique» (25), sconfiggendo quel senso di precarietà e marginalità economica, soprattutto dei giovani, con un progetto politico di inclusione.

Il richiamo è altrettanto significativo anche da parte del sociologo Touraine, laico, il quale mette in guardia da una religione che sembra mostrare il suo aspetto «politico e aggressivo», piuttosto che promuovere una ricerca spirituale di «un principio creatore non umano» per sconfiggere le violenze e le diseguaglianze della globalizzazione (26).

L’Europa è a una svolta fondamentale per la sua storia: scegliere il suo progetto di integrazione o condannarsi all’irrilevanza politica ed economica (27).

Il populismo vive e si fortifica all’interno delle patologie della democrazia, della corruzione, del clientelismo, della forte distanza tra eletti ed elettori, di una polarizzazione economica che spinge a destra le rivendicazioni degli esclusi (28). Viene così messa a rischio la tradizione politica di un costituzionalismo che tutela libertà e diritti (29). E anche il welfare, modello di società inclusiva, rischia un forte ridimensionamento, mettendo in crisi la democrazia distributiva, inseguendo l’onda sovranista di chi si vuole «lasciare fuori» – immigrati musulmani e altre categorie di persone-, scegliendo, invece, chi «tenere dentro».

La formazione e l’educazione democratica a istituzioni e corpi intermedi che rafforzano la democrazia e la socialità sta diventando un’urgenza, anche per superare l’incompetenza, che spesso si accompagna all’emotività e alla «dittatura delle emozioni», a discapito della razionalità e della conoscenza (30). Occorre promuovere «il tono morale» dell’educazione. Su questo insiste R. Simone (31). Dalla valorizzazione della scuola al rispetto dell’identità e dei valori delle persone, in ambito sia privato sia pubblico, nella conversazione e anche nei talk show televisivi pubblici (32), nei rapporti di lavoro.

Questo apre a un campo molto vasto: come educare nella società contemporanea dove i new media e i social network sono diventati agenzie di socializzazione fondamentali per giovani e adulti (33).

Realtà, questa delle nuove tecnologie mediatiche e informatiche, evidenziata dallo studioso A. Dal Lago nel testo Populismo digitale, nelle connessioni tra la rete e la nuova destra che amplificano la crisi della democrazia contemporanea (34). Inoltre il tempo e lo spazio, differenti rispetto alla società del moderno, risentono della crescente dinamica globalizzazione/planetarizzazione (35). Non si può quindi non cercare di comprendere e di approfondire come le nuove tecnologie dell’informazione, anche nel settore educativo, stiano cambiando le tradizionali modalità di insegnamento e di apprendimento, dalla scuola all’università (36). Un insegnamento che si accosta alla complessità dell’essere umano, un insieme di razionalità, di affettività, di immaginazione, di tecnologia e di empirismo: un «homo complexus» (37). I giovani sono gli attuali fruitori di questa complessità e occorre favorire in loro una consapevolezza e responsabilità nei confronti dei new media (38). La «generazione Erasmus», che studia e viaggia in Europa, è la più aperta all’innovazione e al cambiamento. La maggior parte di questi giovani (di quelli che hanno votato), si sono espressi, in Gran Bretagna, contro la Brexit.

Potrebbero, forse, essere loro un argine e una diga nei partiti, nelle istituzioni e in altri corpi intermedi, nel frenare una rincorsa a tesi populiste, estremiste e sovraniste che alimentano paure, angosce e anche risposte improvvisate e conflittuali (39). L’integrazione europea è un lento e difficile percorso per arrivare a una ragione politica comune, che si avvicini alle esigenze e ai sentimenti dei cittadini, che ascolti paure e sofferenze, per cercare di vincerle e non di esserne travolti.

Una nuova politica orizzontale, dal basso, con una struttura più reticolare e meno leaderistica, anche nei partiti, potrebbe essere una modalità per federare gruppi diversi nella società civile. Come anche generazioni differenti ma non conflittuali in una politica al servizio di nuovi cittadini (40).

MONICA SIMEONI – Ricercatore presso il Dipartimento di Diritto, Economia e Management, Università del Sannio.

 

Note

1 J. Zielonka, Disintegrazione. Come salvare l’Europa dall’Unione Europea, Laterza, Roma-Bari, 2015.

2 S. Fabbrini, Sdoppiamento. Una prospettiva nuova per l’Europa, Laterza, Roma-Bari, 2017. L’autore, nel suo ultimo testo sull’Europa, afferma che un futuro di maggiore integrazione per il continente riguarderà solo alcuni fra gli Stati europei. Con i Paesi dell’est si può cercare di salvare il mercato comune e con gli altri fare dei passi in avanti, in un richiamo innovativo allo spirito di Ventotene.

3 S. Biasco, «I caratteri variegati della democrazia», il Mulino, n. 6, 2016, pp. 999-1007.

4 P. Mair, Governare il vuoto. La fine della democrazia dei partiti, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2016; N. Urbinati, «Che cosa intendiamo quando parliamo di crisi della democrazia», in il Mulino, n. 6, 2016, 982-990.

5 A. Bagnasco, La questione del ceto medio. Un racconto del cambiamento sociale, Il Mulino, Bologna, 2016; M.Ferrera, Rotta di collisione. Euro contro welfare?, Laterza, Roma-Bari, 2016.

6 M. Revelli, Populismo 2.0, Einaudi, Torino, 2017.

7 N. Merker, Filosofie del populismo, Laterza, Roma-Bari, 2009; A. Mastropaolo, La mucca pazza della democrazia, Bollati Boringhieri, Torino, 2005; A. Mastropaolo, La democrazia è una causa persa?, Bollati Boringhieri, Torino, 2011; P.-A.  Taguieff, L’illusione populista, Bruno Mondadori, Milano, 2003.

8   A. Cavalli, Carisma. La qualità straordinaria del leader, Laterza, Roma-Bari, 1995; P. Mancini, Il post partito. La fine delle grandi narrazioni, il Mulino, Bologna, 2015.

9 M. Revelli, Op. cit., pp. 24-25.

10 A. Martinelli, Beyond Trump. Populism on the rise, Ispi, Milano, 2016, p 18.

11 M. Graziano, Frontiere, Il Mulino, Bologna, 2017.

12 Ivi, pp. 120-121.

13 A. Martinelli, Mal di nazione, Università Bocconi Editore, Milano, 2013, p. 23.

14 Ivi, p. 26.

15 Ivi, pp. 36-37.

16 S. Tabboni (a cura di), Vicinanza e lontananza. Modelli e figure dello straniero come categoria sociologica, Franco Angeli, Milano, 1990.

17 A. Martinelli, Mal di nazione, cit., p. 65.

18 A. Martinelli, Beyond Trump, cit.

19 A. Bagnasco, Op. cit., pp.116-117. Nel testo l’autore, nel più ampio quadro della trasformazione del capitalismo liberista, analizza un ceto medio che si è, negli anni, trasformato. Da perno dell’equilibrio sociale esso è diventato il simbolo di una polarizzazione verso il basso, rischiando, così, un’emarginazione economica e sociale.

20 A. Touraine, «Libertà del soggetto e deriva identitaria», in MicroMega, n. 1, 2017, pp. 37-48.

21 A. Bagnasco, Op. cit., p. 148.

22 P. Stagi, «Etica, religione e sfera pubblica. Il ruolo della religione come motivatore etico nelle moderne democrazie occidentali, in P. Stagi (a cura di), L’Europa e le religioni, Castelvecchi, Roma, 2017, p. 81.

23 Ivi, p. 91.

24 C. Taylor, «Religioni e integrazione europea», 43-62, in P. Stagi (a cura di), Op. cit., pp. 50-51.

25 Mons. Pontier: «Notre société est devenue pluriculturelle», in Le Monde, 14 ottobre 2016.

26 A. Touraine, op. cit., p. 43.

27 A. Canavero, «Le tappe dell’Unione Europea», in L. Vaccaro (a cura di), Nel cuore dell’Europa. Per una storia religiosa dei popoli europei, Centro Ambrosiano, Milano, 2016, pp. 53-73. Si possono ricordare le parole di De Gasperi nel ricevere il Premio Carlo Magno nel 1952: «Le istituzioni sovranazionali sarebbero insufficienti e rischierebbero di diventare una palestra di competizioni di interessi particolari, se gli uomini non si sentissero mandatari di interessi superiori ed europei. Senza la formazione di questa mentalità europea ogni nostra formula rischia di rimanere una vuota astrazione giuridica».

28 S. Zizek, La nuova lotta di classe, Adriano Salani Editore, Milano, 2016.

29 A. Martinelli, Beyond Trump, cit., p. 112.

30 T. Nichols, The Death of Expertise, Oxford University Press, New York, 2017.

31 R. Simone, Come la democrazia fallisce, Garzanti, , Milano, 2015, pp. 197-204.

32 M. Scaglioni, Il servizio pubblico televisivo, Vita e Pensiero, Milano, 2016.

33 Già negli anni Novanta si comprese come l’educazione ai media avrebbe cambiato la socializzazione. Il massmediologo M. Morcellini è stato uno dei primi sociologi italiani a riflettere su questo. M. Morcellini, Passaggio al futuro, Franco Angeli, Milano, 1992. Cfr. anche H. Gardner, Davis, Generazione App. La testa dei giovani e il nuovo mondo digitale, Feltrinelli, Milano, 2014.

34 A. Dal Lago, Populismo digitale. La crisi, la rete e la nuova destra, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2017.

35 G. Boccia Artieri, «Società-mondo e linguaggi neo-mediali: la forma comunicativa e-learning», Morcellini, A. G. Pizzaleo (a cura di), Net sociology. Interazioni tra scienze sociali e Internet, Guerini e Associati, Torino, 2002, pp. 147-148.

36 P. C. Rivoltella, Le virtù del digitale. Per un’etica dei media, Morcelliana, Brescia, 2015.

37 E. Morin, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2001, pp. 59-60.

38 P. C. Rivoltella, Didattiche per l-learning. Metodi e strumenti per l’innovazione dell’insegnamento universitario, Carocci, Roma, 2003; P. C. Rivoltella 2015, op. cit.

39 V. Pérez-Diaz, Il sonno della ragione genera mostri, in il Mulino, n. 1, 2017, pp-174-179.

40 M. Marzano, N. Urbinati, La società orizzontale. Liberi senza padri, , Feltrinelli, Milano 2017.

Riferimenti bibliografici

E. Morin, Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l’educazione, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2015.

M. Salvati, «La democrazia in crisi: c’è qualcosa di nuovo?», in il Mulino, n. 6, 2016, pp. 967-981.

C. Trigilia, «Democrazie e capitalismo», in il Mulino, n. 6, 2016, pp. 991-998. Ambrosiano, 2016.

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