Arianna Vedaschi
Professoressa Ordinaria di Diritto pubblico comparato, Università Bocconi di Milano.

ABSTRACT: Negli ultimi venti anni, è sembrata emergere una tendenziale sovrapposizione tra la disciplina della gestione dei flussi migratori e le policies di contrasto al terrorismo internazionale. Sul piano politico, questo approccio si spiega con il preconcetto secondo cui le “ondate” di immigrazione diventerebbero “canali” d’ingresso per soggetti radicalizzati, se non potenziali terroristi. Scopo di questo lavoro di ricerca è quello di sottoporre a verifica l’uso strumentale di alcune misure adottate per la governance dei flussi migratori e, invero, di fatto applicate a fini securitari, nell’intento di sottolinearne i principali rischi sul terreno della rule of law. Nello specifico, la ricerca esamina, in chiave comparata, tre principali punti di intersezione tra regolazione dell’immigrazione e counter-terrorism: le espulsioni per motivi di sicurezza nazionale, la revoca della cittadinanza per ragioni legate al terrorismo e i dinieghi di ingresso, soggiorno e rimpatrio a causa di presunti rischi per la sicurezza. Queste misure sono studiate facendo cenno al rilevante ricorso a strumenti di tecnologia avanzata, anch’essi non sempre pienamente garantistici sul versante della tutela dei diritti della persona. L’esito dell’indagine permette di concludere, in termini non del tutto ottimistici, che il concetto di “sicurezza integrata” – elaborato dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) nelle Linee guida su “Libertà di religione o convinzione e sicurezza” (2019) – benché resti l’obiettivo da raggiungere, è ancora lontano, persino se si
guarda alle mature democrazie occidentali di tradizione liberale.

The last twenty years have been characterized by an overlap between the regulation of migration and counter-terrorism policies. At the political level, this approach can be explained by the assumption that “waves” of immigration can “channel” the entry of radicalized individuals, if not potential terrorists. The aim of this research is to assess the exploitative use of some measures of migration governance – de facto applied for security purposes – and highlight their main risks in terms of respect for the rule of law. More specifically, this contribution examines, from a comparative viewpoint, three key areas that demonstrate the intersection between the migration measures and counter-terrorism: expulsions on national security grounds, revocation of citizenship for terrorism reasons, and the denials of entry, stay or repatriation due to security concerns. These tools are addressed by taking into account the significant resort to advanced technologies, which are often unable to fully safeguard human rights. The outcome of the analysis brings to some non-totally optimistic conclusions, insofar as it is argued that the concept of “comprehensive security” – as framed by the Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE) in the 2019 guidelines on “Freedom of Religion or Belief and Security” – is still far from being reached, even in advanced liberal democracies.

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